Nel summit delle maggiori potenze economiche mondiali a Berlino, il ministro Cingolani rilancia: «Spingere sulla cooperazione»
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, commenta la conclusione dei lavori del summit G7, svoltosi oggi a Berlino: «È stata una discussione estremamente densa e ne esce un comunicato buono, totalmente condiviso, che rappresenta un passo avanti rispetto al G20 dell’anno scorso, rispetto all’ultimo G7 e alla Cop 26».
Il clima disteso e partecipativo è riuscito grazie a una buona concertazione delle sette Nazioni presenti: «Possiamo essere molto soddisfatti», dice il ministro.
Cingolani ribadisce l’importanza della connessione fra politica estera e politica climatica. «Una buona sinergia si vede attraverso il mercato dell’energia, dove se uno fa una cosa in un posto del mondo, questo ha riflessi altrove. O sul contrasto delle disuguaglianze globali – afferma – È importante che noi facciamo azioni di decarbonizzazione, ricordandoci però che se gli altri non seguono l’effetto finale potrebbe non essere positivo».
Gli indicatori Ipcc sul clima non sono buoni, ma in questo una grande influenza è stata data dalla guerra in Ucraina che ha scombussolato le carte degli ultimi tre mesi. Per questo il ministro ricorda che «ci sono altre parti del mondo in cui l’azione magari non è così efficace, e queste parti del mondo vanno aiutate. Non si può semplicemente dire: siete in ritardo, correte di più».
Buone prospettive sono state fornite anche sull’elettrizzazione e sul caroprezzi dei carburanti. Il comunicato finale dei lavori pone come obiettivo l’accessibilità dell’energia a tutti, con costi moderati.
«Esiste una chiara consapevolezza che il problema vada affrontato – continua Cingolani a tal proposito – Ho parlato con tutti i colleghi e mi sembra che abbiano tutto sommato capito. Le istanze dei vari Paesi sono tutte ragionevoli. Bisogna vedere le realtà locali e le esigenze di ogni paese. Sono abbastanza fiducioso».
Commenta i lavori anche il capogruppo Pd della Commissione Ambiente, il senatore Andrea Ferrazzi, che dice: «La decisione del G7 energia e ambiente di porre fine ai finanziamenti delle centrali elettriche a carbone entro il 2022 è un atto dovuto nei confronti dei nostri figli e del pianeta. Questa è strada da seguire in coerenza con Cop 26, Accordi di Parigi, PNRR, Fit to 55, RepowerEu, cioè con tutti gli impegni internazionali».
Le decisioni prese dai leader G7: 1300 miliardi di finanziamenti
Sul tavolo di discussione del summit vi sono diverse questioni, tra oceani, biodiversità e uso del carbone nei comparti industriali.
È stato ribadito l’impegno da parte di tutti i ministri di Energia e Clima a porre fine ai finanziamenti pubblici e centrali elettriche a combustibili fossili entro la fine di quest’anno. Nel comunicato finale elaborato a Berlino si legge che sono previste eccezioni, sempre in circostanze limitate e sempre con il limite 1,5 gradi, ovvero in linea con gli obiettivi degli accordi di Parigi.
L’agenda politica di tutti i Paesi partecipanti al summit è variata in funzione della recente guerra in Ucraina, che ha portato all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili: ora tutti gli sforzi sono diretti verso la stabilizzazione del rincaro.
Si punta, poi, all’eliminazione dei sussidi per le fonti fossili entro il 2025. Altra data cardine è il 2035: l’obiettivo preposto dai vertici G7 è la decarbonizzazione totale delle produzione elettrica. Per i trasporti su strada, privati e pubblici, la scadenza è il 2030.
L’impegno per aiutare i Paesi meno sviluppati a mettersi in pari con la produzione di energia pulita è la duplicazione dei fondi da assegnare loro. Grande attenzione anche verso la protezione delle aree protette di terra e mare, da preservare almeno per il 30% su territorio globale.
I ministri presenti a Berlino hanno, inoltre, discusso sulla creazione di un “Club del Clima” nel quale intensificare le discussioni e le consultazioni anche in vista del G20, con la partecipazione dei Paesi emergenti o in via di sviluppo.
«Si riconosce lo scenario dell’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea) di “zero emissioni nette”, che suggerisce che le economie del G7 investano almeno 1.300 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili, compreso triplicare l’investimento in energie pulite e reti elettriche fra il 2021 e il 2030», si legge sul documento elaborato alla fine dei lavori.
Grande attenzione, infine, ai diritti umani e alla loro protezione, inestricabilmente legati alle questioni climatiche: «Si incoraggiano le imprese a contribuire, attraverso le loro catene di fornitura, al raggiungimento in tutto il mondo degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica – si legge nel Comunicato finale – Per far leva ulteriormente sul potenziale della partecipazione delle donne nell’industria dell’energia pulita, si intende amplificare le buone pratiche dal rapporto del G7 “Eguaguaglianza di genere e diversità nel settore energetico”».
Le perplessità del Giappone
«Abbiamo prescritto delle misure nonostante il conflitto ucraino. Il G7 vuole rispettare il limite di 1,5 gradi, ma ci sono grandi Paesi responsabili di emissioni che ancora non si sentono vincolati», afferma il ministro giapponese Ooka alla conferenza stampa finale del summit, sottolineando le sfide critiche della decarbonizzazione.
Non solo l’occhio verso la Russia, quindi, ma anche verso la Cina, nazione particolarmente inquinante, che rifiuta categoricamente ogni politica green da applicare.