Lo stato di emergenza sanitaria era stato dichiarato il 30 gennaio 2020. Tutto è cominciato nel settembre 2019
“E’ con grande speranza che dichiaro chiusa l’emergenza sanitaria globale del Covid”. Lo ha affermato il direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus. Lo stato di emergenza sanitaria era stato dichiarato il 30 gennaio 2020. “Questo è un momento da celebrare ma è anche un momento per riflettere. Sono state perse vite che non dovevano essere perse, in tre anni almeno venti milioni di morti. Promettiamo ai nostri figli e nipoti che non faremo mai più gli stessi errori”, ha aggiunto. E di errori, in effetti, l’Oms ne ha commessi diversi nella gestione della pandemia. Era partita bene quando a settembre del 2019 aveva pubblicato un rapporto intitolato “Un mondo a rischio”, che parlava di una possibile, imminente epidemia su scala mondiale avvertendo i governi sulla possibilità di un’emergenza sanitaria globale. Il rapporto era chiaro: “C’è una minaccia molto reale di una pandemia in rapido movimento altamente letale, di un agente patogeno respiratorio che potrebbe uccidere da 50 a 80 milioni di persone e spazzare via quasi il 5 per cento dell’economia mondiale”. Allarme caduto purtroppo nel vuoto e nel mancato recepimento da parte di molti governi nazionali, ma poi è stata proprio l’Organizzazione mondiale della Sanità ad essere finita nel mirino per le falle, i ritardi e le opacità nella gestione del Covid-19, con l’accusa di sudditanza nei confronti delle autorità cinesi.
“La Cina è vicina” è il titolo di un film cult di Marco Bellocchio, e mai come negli anni del Covid ce ne siamo resi conto. La pandemia globale partì da Wuhan tre anni fa e le politiche sciagurate del regime comunista hanno messo a rischio il mondo intero, provocando una micidiale catastrofe sanitaria. Alla base di questo disastro c’è stata una campagna vaccinale che ha penalizzato la fascia più fragile della popolazione, e soprattutto l’avere a disposizione un vaccino obsoleto e farlocco, a differenza di quelli a mRna prodotti in Occidente.
Se siamo usciti dalla pandemia, dopo essere stati il Paese europeo colpito per primo, con l’immagine simbolo dei camion militari carichi di bare, è grazie alla campagna di vaccinazione di massa pianificata dal generale Figliuolo. Nessuno rimpiange la privazione della libertà che abbiamo conosciuto con i lockdown di Conte e Speranza, che di errori ne hanno commessi ma dovrebbero essere giudicati dalla storia e non dalla magistratura, perché si era di fronte a un virus tanto letale quanto sconosciuto. Ciò che davvero importa è tenere a mente la lezione di questi anni drammatici, e dire con chiarezza chi si è schierato dalla parte della ragione. Il vituperato green pass, ad esempio, non è stato una barriera ideologica, bensì lo strumento – insieme ai vaccini – che ci ha consentito di affrontare la quarta ondata pandemica senza dover richiudere il Paese. E chi criticava l’obbligo vaccinale per gli over 50, come se fosse un’imposizione illiberale, fingeva di ignorare la realtà di allora, con le terapie intensive occupate al 90 per cento da pazienti no vax.
Il Covid ha fatto purtroppo venire allo scoperto una radicata corrente antiscientifica alimentata dall’irresponsabilità di alcuni media e dalla violenta ideologia no vax, un fenomeno minoritario sedimentato per anni su alcuni social, dove le più strampalate teorie antiscientifiche hanno trovato spazio e cittadinanza, tanto che un editoriale del New York Times titolato “Populismo, politica e morbillo”, ancora prima della pandemia accusò Beppe Grillo di sostenere una campagna contro le vaccinazioni. Lui smentì, ma fu sommerso da una valanga di prove prelevate dal web e dagli stessi atti parlamentari, fra cui spiccava una proposta di legge del 2014 sull’”eventuale diniego dell’uso dei vaccini per il personale della pubblica amministrazione” in cui si affermava che “recenti studi hanno messo in luce collegamenti tra le vaccinazioni e alcune malattie specifiche quali la leucemia, intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni, mutazioni genetiche trasmissibili, malattie tumorali, autismo e allergie”. Negli anni del Covid quella contro i vaccini è stata una narrazione martellante, spesso ossessiva, che ha contribuito ad ampliare il fronte degli scettici. Ecco: di questa tragedia non ci deve restare solo il ricordo degli amici scomparsi, o dei virologi che imperversavano sulle televisioni, ma soprattutto la riconoscenza per chi ci ha saputo tirare fuori dall’emergenza: la scienza e i vaccini.