A pochi giorni dal caos mediatico e politico scatenato dall’inserimento di un emendamento alla legge 194, che regola le pratiche dell’aborto, all’interno del decreto legge sul Pnrr, da Aosta giunge una denuncia inquietante. Alcune donne, almeno quattro, sarebbero state costrette ad ascoltare il battito del feto che portavano in grembo poco prima di dare inizio alla pratica abortiva. Una violazione dei diritti della donna senza precedenti, venuta alla luce a seguito della segnalazione di una donna al centro anti-violenza di Aosta.
A portare alla luce il caso è la stessa presidente del centro Anna Ventriglia, che ieri ha tenuto una riunione nella sede dell’associazione trattando la questione. “Abbiamo ricevuto segnalazioni da parte di altre donne che ci hanno raccontato di essere andate nelle strutture pubbliche del territorio di Aosta per abortire e che hanno subito pressioni da parte dei volontari pro-vita affinché ascoltassero il battito del feto“.
La decisione della presidente di annunciare tali violazioni proprio in concomitanza della scoperta dell’emendamento contro la legge sull’aborto, sembra fungere da monito. Pratiche come queste, comunque ancora da accertare e confermare, potrebbero divenire eventi quotidiani e porre le donne in una posizione ancora più marginale, complessa, opprimente e soprattutto pericolosa. La ministra per le Pari opportunità e per la Famiglia Eugenia Roccella ha deciso di commentare la questione, eliminando dall’equazione la figura dei volontari pro-vita nei consultori.
Aborto, le parole della ministra Roccella
“Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire è una cosa non bisogna fare ma non è stato certamente un volontario a fare questo” ha dichiarato la ministra Roccella, volendo sottolineare che “per sentire il battito c’è bisogno di un’ecografia e quindi si tratta di una prassi sbagliata di qualche ginecologo“. La denuncia della presidente Ventriglia ha però portato alla luce anche un altro aspetto.
“Alcune donne sono state avvicinate da persone che hanno promesso loro sostegni economici o beni di consumo, come latte e pannolini – ha denunciato la presidente – con il preciso intento di dissuaderle da una scelta già sofferta e dolorosa come quella dell’aborto“. La questione, però, sembrerebbe ancora più complessa perché l’azienda Usa Valle d’Aosta ha deciso di rispondere a quanto accaduto precisando che “non c’è nessun volontario pro-vita nei nostri consultori“. Il sindaco di Aosta Fulvio Centoz ha poi ribattuto che non crede che “il centro si inventi le cose“, però la questione sembra piuttosto spinosa.
Le testimonianze delle quattro donne andrebbero quindi approfondite per comprendere cosa realmente accada nei centri per l’aborto della Val d’Aosta e per cercare di delimitare i contorni di un fenomeno che potrebbe rivelarsi preoccupante. Questo è il compito che ha deciso di assumenti il centro anti-violenza di Aosta, così come l’Usl Valle d’Aosta.
Le verifiche sui fatti di Aosta
“Al di là delle singole storie delle donne abbiamo considerato che queste potesse essere un preallarme sulla scia di quanto appena votato in Parlamento” ha dichiarato la presidente Ventriglia, aggiungendo: “La nostra denuncia nasce per dire che attiveremo un monitoraggio su questo fenomeno“. Le autorità valdostane hanno voluto però precisare che fino a questo momento nessuna segnalazione era giunta nei loro uffici, ma che ora verranno attivate le conseguenti e normali prassi di controllo sui centri che praticano l’aborto.
“Quello della presidente del centro anti-violenza è un addebito grave” ha infatti dichiarato il direttore sanitario dell’Usl Valle d’Aosta, sottolineando che “sono state avviate le necessarie verifiche e le proseguiremo nei prossimi giorni insieme all’interlocuzione con i responsabili del centro“.