Nel 1972 Almirante, segretario del M.S.I., parlò di “scontro fisico” e fu frainteso: da frase difensiva fu trasformata in violenta e offensiva. Fini, segretario del partito post MSI, dichiarò che le leggi razziali erano ‘il male assoluto’. Fu frainteso e la frase sulle agenzie fu che il ‘male assoluto’ era il fascismo. Al Frainteso non disgarbò il fraintendimento e lasciò correre. Quando molti anni prima veniva detto che il fascismo era un ‘dovere’, non c’era fraintendimento.
Il fascismo appartiene alla famiglia dei sistemi totalitari. In essi il pensiero unico è un obbligo politico, morale, etico e financo giuridico, che si accoppia al dovere di avversione, di essere anti a altri pensieri e al divieto di neutralità. La democrazia si distingue da questo baratro perché sulle idee non ci sono doveri da imporre. Sulle azioni e sui tentativi sì. Chiunque imponga un pensiero è totalitario . E per sinéddoche ( una parte per il tutto) è ‘fascista’ tout court. È così che si è passati da ‘il fascismo è un dovere’ a ‘ l’antifascismo è un dovere’ Forse per lo spessore del ragionamento che si tenta di fare, rammentare la frase di Mino Maccari attribuita a Ennio Flajano su fascisti e antifascisti ( due famiglie dello stesso fenomeno) potrebbe impoverire il ragionamento .
Perché qui sono in gioco non polemichette ma valori e posture che nel mentre vengono dichiarati sono negati. “L’antifascismo è un dovere” si accompagna a dichiarazioni sventolate ovunque “la libertà è come l’aria etc…”. Come il diavolo e l’acqua santa. Come è totalitario imporre il dovere di essere fascisti, allo stesso modo lo è imporre di essere antifascisti.
In un paese libero l’uomo che pensa può legittimamente pensare in modo adesivo al fascismo o al suo contrario, (o perfino astrarsi). Nel primo caso l’ordinamento vieta comportamenti attivi conseguenti, nel secondo li incoraggia. La richiesta ultimativa di denunciatio di antifascismo è un atto di prevaricazione del pensiero, del foro interno intangibile insindacabile, e davvero rozzo nei contenuti. Un atto totalitario.
Orbene nessuno nel merito sembra intendere che non essere fascisti, anzi esservi contrarissimi, non significa per nulla essere ‘antifascisti’, così come è comunemente inteso nel nostro paese. Chi non è nè ha convinzioni totalitarie, chi è contrario alla visione ieratica della politica dove tutto è dentro e nulla è fuori dal perimetro precostituito dalla dottrina dominante e non sia per le segregazioni sia razziali, ideali che di genere è contro il fascismo e tutti i sistemi totalitari. Chi crede nella pari dignità delle persone senza distinzione e negli strumenti della democrazia liberale, non è fascista, né comunista, né di nessuna cultura politica e sociale che non evochi anzi sia contraria a questi valori. Sotto questi profili sentirsi antifascisti è un’ovvietà.
Come è ovvio che oggi definirsi antifascisti significa anche in Italia e nell’accezione e nell’uso che se ne fa, essere alleati in quel concetto ai comunisti stalinisti e ai loro eredi, alle associazioni anti semite, agli estremisti della green economy, al liberismo finanziario e avallare l’esercito di coloro che furono fascisti razzisti e docenti aedi attivisti di quelle perversioni e dopo a cacio perso antifascisti predicanti dal pulpito e con fior di adepti ancora oggi, muti e sordi ai richiami mai denunciati di fascismo e razzismo primigenio dei loro mentori.
Essere veramente antifascisti è non avallare sic et simpliciter l’impunito sangue dei vinti , le prediche, il pantheon troppo pieno di personaggi discutibili, e tutto quello che costituì quel verminaio che minò sin dalle radici il sistema democratico che i costituenti , molti resistenti, molto popolo ha cercato di creare e al quale molti ancora oggi lavorano.
Dichiarare che l’antifascismo è un ‘dovere’ pare un eccesso verbale che non compete al Garante della democrazia nazionale.
È la pretesa totalitaria di entrare nei pensieri e imporre il proprio come si imputa fondatamente al fascismo. E nei contenuti imporre contiguità che non sembrano accettabili. È accompagnarsi e complicizzare con chi usa il tema e la definizione come una clava a favore di parti lontane ancor oggi da una parvenza di libertà e democrazia. Il dovere che incombe è quello di essere liberi, è difendere la libertà e avere il coraggio di diversificarsi pure dalle apodittiche e non fortunate asserzioni anche se chi le pronuncia, per la carica ricoperta dovrebbe essere molto più prudente e – questa volta sì – un po’ meno partigiano.