La segretaria Dem critica il governo Meloni ma sarebbe troppo facile ricordarle che il suo partito è stato al governo per dieci anni – pur senza avere mai vinto le elezioni – e che quelle politiche avrebbe avuto tutto il tempo di attuarle, se fosse stato possibile
Elly Schlein ha riproposto a Modena – e in termini sempre più pesanti – il suo approccio ideologico alla questione migratoria, muovendo al governo Meloni sostanzialmente due accuse: il contrasto alle Ong, che andrebbero invece incentivate a raccogliere migranti per portarli in Italia, convincendo inoltre la Commissione Ue a varare un’operazione Mare Nostrum europea; e il non essere ancora riuscito a modificare il Regolamento di Dublino, quello che impone ai Paesi di primo approdo tutti gli oneri dell’accoglienza. Non solo: la neosegretaria si è premurata di aggiungere che il Pd non voterà più in Parlamento il rinnovo dei finanziamenti alla Guardia costiera libica. Sarebbe troppo facile ricordarle che il suo partito è stato al governo per dieci anni – pur senza avere mai vinto le elezioni – e che quelle politiche avrebbe avuto tutto il tempo di attuarle se fosse stato possibile. Ma, essendo Schlein impegnata essenzialmente a marcare una discontinuità con la vecchia nomenklatura, sarebbero obiezioni al vento. Il problema vero è che la prima forza dell’opposizione col nuovo corso sta ripiombando nelle vecchie logiche della contrapposizione frontale e in una deriva demagogica che rema contro l’interesse nazionale. “Accogliamoli tutti” non è infatti un’opzione politica, ma una resa generalizzata alla forza degli eventi. La stessa vice dell’Alto commissariato dell’Agenzia per i rifugiati, Kelly Clements, ha detto ad Avvenire che “non può essere responsabilità di un solo Paese assumersi l’onere di accogliere e trovare soluzioni”.
Si riaccende il dibattito in Europa
Di fronte all’aumento esponenziale dei flussi migratori, si è riacceso il dibattito su cosa l’Europa potrebbe e dovrebbe fare per impedire che il Mediterraneo resti un mare ostaggio degli scafisti e insieme un tragico cimitero di migranti. Nei primi cinque mesi di governo sono emersi molti punti deboli della narrazione sovranista sull’immigrazione irregolare, un fenomeno che non si contrasta con parole d’ordine buone solo per la propaganda, ma la sinistra non ha alcun titolo per salire in cattedra, avendo come orizzonte solo l’accoglienza indiscriminata. In questi mesi si è aggiunto un elemento di preoccupazione in più: la situazione in Tunisia. L’Unione Europea deve intervenire subito per contribuire a trovare una soluzione che garantisca la stabilità all’area, convincendo gli Stati Uniti – come sta facendo l’Italia – a sbloccare i finanziamenti del Fondo monetario internazionale. C’è quasi mezzo milione di persone pronte a partire, e dunque servono azioni rapide per prevenire l’esplosione di una nuova ondata di sbarchi sulle nostre coste. La Tunisia è nel caos, e l’Italia non può ritrovarsi sulle proprie spalle le conseguenze di questa crisi politica, istituzionale, economica e sanitaria. Va scongiurato un pericoloso effetto domino sull’intera sponda sud del Mediterraneo, di cui saremmo noi a pagare le conseguenze. Quanto sta accadendo alle porte di casa nostra dimostra ancora una volta, purtroppo, che le politiche messe in atto dall’Ue in Africa negli ultimi anni si sono rivelate un boomerang, a partire dalla destituzione di Gheddafi e dal sostegno incondizionato alle primavere arabe, che hanno segnato la riscossa del fondamentalismo islamico. Ma di questo la Schlein preferisce non parlare, mettendo sul banco degli imputati un governo che in cinque mesi ha salvato 40 mila persone.
Tutto parte dal ministro Minniti
Tanto per fare chiarezza: il primo codice per regolamentare l’attività delle Ong lo scrisse il ministro Minniti, allora esponente di primo piano del Pd, e la cooperazione con la Guardia costiera libica fu avviata dai governi Letta, Renzi e Gentiloni, tutti a guida piddina. La politica estera non si fa con la propaganda, ma col realismo politico, una lezione che Schlein volutamente ignora, perché la sua linea è un compendio di massimalismo politico e di radicalismo sui diritti civili. La Guardia costiera libica non è certo un circolo di gentiluomini: è divisa in fazioni, con una componente che si muove nella zona grigia tra legalità internazionale e traffico dei migranti. Questo è purtroppo risaputo, ma toglierle i finanziamenti significherebbe dare totale via libera agli scafisti e alle partenze incontrollate. Se l’Italia lo facesse, inoltre, rischierebbe di consegnarla in mano alla Turchia, conferendole ancora più peso in un Paese per noi strategico e lasciando a Erdogan anche il controllo di tutte le rotte mediterranee dei migranti. Sarebbe un clamoroso autogol per il nostro interesse nazionale, senza alcuna garanzia che il nostro disimpegno porti a un effettivo rispetto dei diritti umani. Anzi, probabilmente accadrebbe il contrario. Da qui passa la distanza tra chi ha responsabilità di governo e chi si ispira al “tanto peggio, tanto meglio” per strappare qualche zero virgola nei sondaggi. La Schlein si guarda bene, infatti, dallo spiegare cosa fare dei migranti dopo averli portati tutti in Italia: potrebbe chiederlo ai sindaci del Pd, che pare non la pensino esattamente come lei.