Matteo Salvini avverte il clima d’assedio, dentro e fuori il partito, il cerchio che si stringe attorno a lui mentre aumenta il numero di coloro che sono pronti a chiedergli ragione dell’isolamento politico (e, si teme, elettorale) in cui ha condotto il partito. Salvini sa che un risultato deludente il 9 giugno, intorno all’8% se non meno addirittura, metterebbe la parola fine sulla sua avventura politica. Bossi non si è mai pronunciato apertamente contro di lui, ma da Gemonio, dove ha festeggiato con vecchi leghisti i 40 anni della Lega, si è lasciato sfuggire parole di cocente delusione per lo stato in cui versa il partito e ha pronunciato un verdetto impietoso. “Alla Lega serve un nuovo leader. Serve un nuovo leader che vada nella direzione dell’autonomia, che rimetta al centro la questione settentrionale. Giorgetti è uno bravo, ma non dico niente altrimenti lo massacrano”. Parole tanto nette e chiare non sarebbero mai state pronunciate dal vecchio combattente se il suo intuito non avesse già intravisto il tramonto accelerato della leadership salviniana.
Bossi non sarà presente domani, domenica 14 aprile, alla cerimonia ufficiale dei festeggiamenti per i 40 anni della Lega lombarda dov’è invece sarà presente Salvini. La presenza del senatur sarebbe stata sfruttata da Salvini come un’implicito sostegno alla sua segreteria. Non essendo, a dispetto della malattia che lo ha costretto sulla carrozzella, uno sprovveduto sui riti e i simboli della politica, Bossi sa bene che la sua assenza e i festeggiamenti della vigilia suonano come una sconfessione piena del suo operato.
Il vuoto politico creato nel partito attorno a Salvini altro non è se non il risultato di scelte improvvide, al limite dell’ingenuità, fatte dallo stesso Salvini che ha confermato una volta di più la sua inadeguatezza politica nel cogliere e decifrare i cambiamenti intervenuti nel rapporto con gli alleati e soprattutto nella società. Quell’acqua cheta di Antonio Tajani glielo ha rinfacciato apertamente, cosa insolita per una persona prudente come lui. “L’ ultimo sondaggio ci dà oltre quota 10 per cento, siamo all’11% perché gli italiani non ne vogliono più sapere di chi strilla e urla. Noi stiamo cercando di applicarci a trovare delle soluzioni senza mai offendere ed attaccare nessuno”. Per spingersi ad affermazioni tanto esplicite quanti temerarie evidentemente Tajani sa il fatto suo, e dispone di dati e sondaggi che danno Forza Italia in vantaggio netto sulla Lega.
La strada che ha portato Salvini al capolinea è alle sue spalle ma è un film che vale la pena rivedere almeno nei fotogrammi essenziali. A partire dall’estate del 2019, con la richiesta improvvisa dei “pieni poteri” come risultato, dicono i suoi detrattori, dei troppi mojito tracannati sotto il sole. Da allora, e con la famosa Bestia che sfornava post per Facebook e Instagram andata in tilt dopo le disavventure del suo ideatore, è iniziato il declino di Salvini. In perfetta coincidenza è iniziata l’ascesa di Giorgia Meloni. Salvini al governo con Draghi, Meloni da una comoda opposizione poteva sparare a palle incatenate contro il governo e la maggioranza. Un Salvini “responsabile” al governo, una Meloni “irresponsabile” all’opposizione che poteva occupare la scena fra declamazioni di euroscetticismo, di uscita dall’euro, di richieste di dimissioni di questo e quel ministro. Salvo, una volta al governo, scoprire le difficoltà e la complessità della realtà. Salvini si è visto precludere tutte le strategie, e con l’area moderata e conservatrice occupata da Meloni con il rincalzo di Tajani, a lui non è rimasto che estremizzare sempre di più le proprie posizioni. Con Vox, finita la campagna elettorale e arrivata a palazzo Chigi, non si è più vista Giorgia Meloni. La quale ha allentato e non poco i legami con Viktor Orbán. Mente Salvini li rinsaldava con Alternative für Deutschaland, gruppo tedesco neo o para-nazista. In questo girotondo di alleanze europee, il leader leghista ha finito per smarrirsi e portare all’isolamento il suo partito. Il 9 giugno è meno lontano di quanto dica il calendario. La testa di Salvini è già al 10 giugno e all’album dei ricordi che aspetta di essere sfogliato.