Alessia Piperno è salva. La 30enne romana è ora sana e salva nella sua dimora di Colli Albani. Il che però non ci dovrebbe far dimenticare gli italiani che ancora mancano all’appello, da padre Dall’Oglio ai tre italiani rapiti in Mali lo scorso maggio
Dopo la liberazione di Alessia Piperno, avvenuta ieri da parte delle autorità iraniane, arriva il momento di riflessione. Oltre le infinite polemiche – molto spesso più che strumentalizzate – ha senso farsi due domande sulla sicurezza degli italiani all’estero, soprattutto per quelli che operano in paesi a rischio. Se da una parte c’è la credibilità del governo italiano all’estero, dall’altra ci sono le persone che sono state rapite e di cui non ne conosciamo ancora la sorte. Ecco le storie.
Paolo Dall’Oglio
Quella di padre Paolo Dall’Oglio è forse la vicenda più nota. Il sacerdote è stato rapito a Raqqa, in Siria, il 29 luglio 2013, probabilmente da alcuni miliziani dell’ISIS. Da allora si sono susseguite notizie contrastanti sul fatto che sia ancora vivo o meno. Nato a Roma nel 1954, Dall’Oglio è un prete gesuita. Una figura che però va oltre l’ordine religioso a cui appartiene: dopo la militanza giovanile in Lotta continua, prende i voti e studia in Libano. Fin da subito studia in maniera accurata e approfondita la cultura araba, cosa che lo ha condotto a entrare a contatto con l’universo musulmano.
Negli anni Ottanta nell’antico monastero di Deir Mar Musa al-Habashi, in Siria, ha fondato una comunità monastica particolare, di confessione ecumenica mista: al-Khalīl, e promuove lo scambio spirituale tra cristiani e musulmani.
Dall’Oglio non ha mai abbandonato l’interesse per la politica (soprattutto quella araba), e non ha mai nascosto la sua repulsione nei confronti del regime di Bashar al-Assad. Un personaggio scomodo per i fondamentalisti islamici, per il governo siriano ma anche per il fronte cattolico del paese, ad esempio denunciando Isidore Battikha, il vescovo di Homs, per il suo essere un pedofilo.
Assad nel 2011 ne ha decretato l’espulsione dalla Siria, ma nonostante le pressioni Paolo Dall’Oglio ha lasciato il paese solo nel 2012.Per poi rientrare l’anno dopo, nei territori controllati dai ribelli. Nel fatidico 2013, mentre era impegnato nelle trattative con i jihādisti per la liberazione di ostaggi curdi, è stato catturato a Raqqa. È probabile che sia stato inizialmente rapito da miliziani di Al Qaeda, ma successivamente si ritiene che sia finito nelle mani dell’Isis.
Stando ad alcune fonti arabe e francesi, il sacerdote sarebbe stato ucciso poco dopo la sua cattura. Ma secondo il Times sarebbe ancora vivo. Nel febbraio del 2019 il quotidiano britannico, citando fonti curde, afferma che Dall’Oglio sarebbe ostaggio dell’Isis insieme a un fotogiornalista inglese e a un’infermiera neozelandese. Il 16 novembre scorso il Dipartimento di giustizia statunitense ha previsto una ricompensa di 5 milioni di dollari a chi fornirà informazioni sul rapimento di Paolo Dall’Oglio.
Pier Luigi Macalli
Maccalli, originario di Madignano, è stato rapito in Niger la notte tra il 17 e il 18 settembre 2018, dove si trovava come missionario della Società delle Missioni Africane. Il rapimento è avvenuto a Bomoanga, al confine tra Niger e Burkina Faso: secondo alcune ricostruzioni, Maccalli sarebbe stato prima derubato, poi fatto salire su un’auto dai suoi rapitori e portato in Burkina Faso.
Secondo il ministro del Burkina Faso che ha parlato con RAI news ad aprile 2019 aprile, sarebbe stato riportato in Niger, ma non c’è nessuna conferma.
Nicola Chiacchio
Il 6 aprile 2020 all’agenzia giornalistica nigeriana Air Info Agadez viene fatto arrivare un brevissimo video girato il 24 marzo. Pochi secondi, che però bastano a mostrare Nicola Chiacchio e Pierluigi Maccalli vivi.
Chiacchio, conosciuto da amici e collaboratori come Padre Gigi, è un missionario di 59 anni di Madignano, in provincia di Crema. È stato rapito il 17 settembre 2018 in Niger, nella parrocchia del villaggio di Bomoanga. Negli anni precedenti aveva fatto il missionario in Costa d’Avorio e in Niger si era contraddistinto nel contrastare le pratiche dell’infibulazione.
Il rapimento di Chiacchio è avvenuto probabilmente nel vicino Mali, zona dove Nusrat al-Islam è particolarmente forte. Il gruppo jihādista salafita sarebbe lo stesso che aveva rapito Luca Tacchetto ed Edith Blais. Entrambi sono riusciti a tornare in Italia alcuni anni fa.
Raffaele Russo, suo figlio Antonio e suo nipote Vincenzo Cimmino
I tre venditori ambulanti di origini napoletane sono scomparsi a Tecalitlán, una città di 16mila abitanti circa 600 chilometri a ovest di Città del Messico, e risultano dispersi in Messico dal 31 gennaio 2018. Dei tre ancora oggi non si hanno notizie, ma per il loro rapimento sono stati incriminati quattro poliziotti, di cui una donna, che hanno confessato ai magistrati messicani di avere venduto gli ostaggi a una banda criminale di Tecalitlán. Nel 2020 c’è stata la prima udienza del processo a loro carico, che si è tenuta nello stato messicano di Jalisco.
Claudio Falleti, vicepresidente dell’Organizzazione mondiale avvocati e legale della famiglia dei tre italiani ha rivelato a Wired un po’ di retroscena.
“Abbiamo fatto il ricorso all’Onu e alla Corte interamericana per i diritti umani. Grazie a loro abbiamo ottenuto dal governo messicano molte informazioni”, spiega Falleti. “C’è stata per esempio un’intercettazione telefonica dove è stata riconosciuta la voce del Quince. L’interlocutore gli dice di avere i tre italiani e lui risponde ‘fatene quel che volete’”. Un sequestro triplo, molto atipico. E poi, perché non è stato richiesto alcun riscatto? Inoltre non è mai arrivato alcun messaggio dai rapitori. Probabilmente il motivo della scomparsa dei napoletani è legato alla loro attività. Sánchez sostiene infatti che i tre vendevano macchine agricole di bassa qualità spacciandole per prodotti di alta gamma. In un territorio notoriamente controllato da gang criminali.
“Facevano i cosiddetti magliari. Sostanzialmente erano venditori ambulanti, vendevano da profumi a materiali elettrici, nei mercati e in strada. Questo purtroppo ha fatto pensare a molti che se la siano cercata, in un certo senso”, commenta Falleti. “È triste, perché anche se avessero venduto merce contraffatta non giustifica minimamente la sparizione di tre persone. La vita umana va tutelata sempre”.
La famiglia di Potenza rapita in Mali lo scorso maggio
Uno dei casi più recenti è quello dei tre italiani sequestrati in Mali. Sono Rocco Antonio Langone, 64 anni, la moglie Maria Donata Caivano (chiamata Donatella), 61, e il figlio, Giovanni Langone, 42 i tre italiani rapiti in Mali giovedì sera a Sincina, nella regione di Sikasso, a circa 300 km dalla capitale Bamako.Originari della Basilicata, da diversi anni risiedono nel paese africano con un gruppo di Testimoni di Geova. I tre non erano registrati all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). Dietro il rapimento potrebbero esserci i jihadisti «Jnim». I rappresentanti del loro culto sostengono che i tre non si trovassero in Mali per motivi religiosi. Secondo i media si stavano occupando della costruzione di una Sala del Regno, il luogo di culto usato dai Testimoni di Geova.