La maggioranza deposita gli emendamenti. Fra questi emerge l’idea di aumentare la permanenza di servizio dei medici
Serpeggia l’ipotesi di portare in medici in pensione solo a 72 anni per fronteggiare la carenza di personale ed evitare che la situazione peggiori. Ma anche per consentire, nel medio termine, di mettere in pratica le politiche di potenziamento della formazione universitaria con l’incremento dei laureati in medicina e chirurgia con le relative specializzazioni. Il fine è anche quello di garantire continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e la riduzione dei tempi delle liste d’attesa.
Sono diversi gli emendamenti della maggioranza in tal senso depositati per il Milleproroghe. Tra questi il 4.136 di Zaffini, Zullo, Mennuni, De Priamo, Liris, Lisei dove si prevede che aziende e enti del Servizio sanitario nazionale, “sino al 31 dicembre 2026, possono trattenere in servizio il personale medico del Servizio sanitario nazionale, dipendente o convenzionato e i docenti universitari in medicina e chirurgia, in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza, fino al compimento del settantaduesimo anno di età”.
Mentre nell’emendamento 4.103 (Mennuni, De Priamo, Scurria, Pogliese, Russo, Liris, Lisei) per il periodo intercorrente dal 1° gennaio 2023 e al 31 dicembre 2026, il limite massimo di permanenza in servizio “è elevato su base volontaria alla data di compimento del settantaduesimo anno di età per il personale medico, dipendente o convenzionato, del Servizio sanitario nazionale. Tale facoltà è estesa anche al personale medico in servizio presso strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale”.