La drammatica condizione delle categorie più fragili che risentono di un sistema di accoglienza italiano che nei fatti non esiste
Niente più scuse. Nessuna parola che non sia già stata detta. E’ tutto un bla bla bla di argomenti che non portano a nulla se non a passare la palla della responsabilità da un ministro ad un altro, da un paese all’altro. Una consapevolezza mancata che porta solo a sangue e false promesse.
Il naufragio a Crotone ha provocato la morte di oltre 60 migranti su 120. L’ennesima tragedia che non risparmia nessuno, neanche le categorie più fragili come donne e bambini. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi parla di “bloccare le partenze”: un uomo “ignorante”, nel senso che ignora come dietro a quei barconi ci sono delle atrocità che non si fermano con un semplice “non partite”. Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia, Bangladesh sono solo alcune provenienze dichiarate al momento dello sbarco. Queste persone sono uomini, donne e bambini che pur di sopravvivere sono disposte ad attraversare con una barchetta da 5 posti – quando poi sono più di 100 – il Mediterraneo, abbandonando le loro case, la loro vita, cercando di ricostruirla altrove. Scommetto che al loro posto, gli stessi politici che sentenziano a spese altrui, farebbero la stessa cosa.
Il sistema di accoglienza in Italia esiste, ma solo a parole. Basti pensare alla Legge Bossi-Fini entrata in vigore nel 2002: può arrivare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che gli consenta il mantenimento economico. Qui viene il bello: come può una persona avere un contratto lavorativo se non può fisicamente essere in Italia? Un quesito che, come molti altri, svela l’ “ipocrisia normativa” che affligge il nostro Paese. Un’Italia che nasconde la faccia sottoterra e lancia l’amo della responsabilità all’Europa.
Cara Meloni è vero quello che dice sull’ ”agire immediatamente”. Come? Sicuramente non scaricando tutte le responsabilità all’Unione Europea. Forse la strada giusta potrebbe essere quella di rivedere concretamente le normative che sono base del nostro sistema di accoglienza?
La guerra russo-ucraina ha accentuato ancora di più questo divario, prevedendo delle norme a tutela del popolo attaccato dal Cremlino mai viste prima (in oltre 60 anni di immigrazione). Da febbraio 2022, il Paese ha adottato delle misure nuove, o che comunque, sono più “accoglienti” rispetto agli anni passati. Il governo infatti, ha potenziato i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) e il Sistema di Accoglienza e Integrazione gestito dagli enti locali. Le misure in questione sono giuste, ma da queste scaturisce una domanda: “Perché con gli ucraini sì e gli altri no? Perché proprio ora? Cosa cambia tra la guerra in Ucraina e le altre guerre nel mondo?”
Su questo punto, si insinua la discriminazione che è parte del tessuto sociale. In Italia si ha ancora la concezione di straniero, del diverso, che fa paura. Un timore irrazionale che è figlio del concetto del non poter controllare. In psicologia lo si può definire come “sindrome dell’assedio”: la religione, la cultura ed il colore della pelle spaventano ancora questo Paese, quando non dovrebbe. Si deve garantire a tutti la sicurezza, la protezione, un posto in cui stare, una nuova vita. È fondamentale ricordare che siamo tutti essere umani. Abbiamo solo una consapevolezza: la partita in gioco da anni in cui migliaia di vite sono state spezzate a causa delle nostre e vostre mancanze.
Governo Meloni palla al centro. Tocca a voi.