Sono a rischio le principali forniture di gas naturale per il Sol Levante. Il premier giapponese tenta di allentare le tensioni fra i principali operatori energetici
Salta la cooperazione fra Mosca e Tokyo nel progetto Sakhalin-2, il grande giacimento di gas naturale liquefatto nella Russia orientale che il Giappone ritiene fondamentale per l’approvvigionamento di energia. La decisione viene dal presidente Vladimir Putin.
Tensioni nel Sol Levante fra i principali operatori energetici del Paese. Il premier, Fumio Kishida, cerca di allentare il caos: «Le importazioni di gas non cesseranno nell’immediato come conseguenza dello stop, ma bisognerà trovare comunque una soluzione».
I lavori alle piattaforme di Sakhalin sono iniziate nel 2009 con una capacità di circa 10 milioni di tonnellate di gas, poi importate e distribuite fra Giappone, Cina e Corea del Sud. Due delle maggiori società di intermediazioni nipponiche, Mitsui & Co. e Mitsubishi Cor, possiedono rispettivamente il 12,5% e il 10% nel prospetto, mentre il 50% è controllato dalla società russa Gazprom.
I dati dell’Organizzazione nazionale del commercio – Jeto – mostrano che nel 2021 la Russia ha contribuito a circa il 3,6% delle forniture di petrolio in Giappone e all’8,8% di quelle di gas naturale. La notizia della decisione di Putin giunge in un momento di crisi per il settore energetico del Paese, a causa della scarsità dell’approvvigionamento per le temperature roventi e l’esortazione alla popolazione per la riduzione dei consumi.