Lo scandalo del pacifismo che preferisce Putin ai dissidenti russi 

Massimo Colonna
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Al dissidente Vladimir Kara-Murza un tribunale russo ha inflitto la pena più alta per un reato d’opinione. La sua colpa? Aver detto la verità, ossia che l’Armata russa in Ucraina bombarda sistematicamente obiettivi civili

Il verdetto era già scritto ed è arrivato, inesorabile, ieri mattina: 25 anni di carcere duro per discredito delle forze armate e tradimento della patria. Al dissidente Vladimir Kara-Murza un tribunale russo ha inflitto la pena più alta per un reato d’opinione. La sua colpa? Aver detto la verità, ossia che l’Armata russa in Ucraina bombarda sistematicamente obiettivi civili. “Mi trovo in carcere per le mie idee politiche. la sua appassionata difesa -, per essermi pronunciato contro la guerra in Ucraina. Per la lotta contro la dittatura di Putin, per aver contribuito in passato all’adozione di sanzioni internazionali contro i trasgressori dei diritti umani”. La Russia oggi è un immenso gulag in cui un padre viene arrestato perché la figlia quindicenne ha fatto un disegno contro la guerra, in cui ogni dissenso viene represso in modo feroce, e in cui basta una mail per essere spedito al fronte. Un fronte dal quale ogni giorno giungono notizie raccapriccianti, dal video del soldato ucraino decapitato alla confessione di due disertori della brigata Wagner di aver ucciso a bruciapelo decine di bambini. Una sorta di museo degli orrori che di aggiunge ai massacri di civili, alle esecuzioni sommarie, alle fosse comuni e agli stupri già ampiamente documentati dagli osservatori internazionali. Eppure nulla di tutto questo è ancora riuscito a far cambiare verso ai novelli partigiani della pace, quelli continuano a invocare il dialogo con Putin e non muovono foglia, invece, davanti a un dissidente arrestato per le sue idee. E’ lo stesso assordante silenzio col quale il pacifismo internazionale accolse l’invasione dell’Ucraina: nessuna traccia del popolo dei girotondi, dei movimenti arcobaleno con le bandiere alle finestre o della schiera di intellettuali e artisti sempre pronti a mobilitarsi in nome della pace universale. Nessuna sorpresa però: basta ripercorrere la storia dei movimenti pacifisti, ispirati fin dall’inizio da una matrice ideologica antioccidentale. Quando gli Stati Uniti ordinarono l’ingloriosa ritirata dall’Afghanistan, alcuni personaggi di primo piano della sinistra si mobilitarono per aprire un “dialogo” con il regime talebano e per rispolverare il vecchio mantra secondo cui “la democrazia non si esporta con la guerra”. Risultato: le donne afghane sono state ridotte al rango di paria della società, ma il femminismo mondiale si è mobilitato in modo tiepidissimo, limitandosi a qualche sporadica manifestazione di solidarietà.

E il pacifismo italiano? Resta anch’esso legato ai vecchi retaggi mai dismessi da quando, nel secondo Dopoguerra, diventò lo strumento politico di chi voleva un Occidente disarmato di fronte al comunismo. Si pensi ai Partigiani della Pace degli anni Cinquanta, che difendevano l’espansionismo sovietico accusando gli Stati Uniti di ogni nefandezza, o ai giovani comunisti che negli anni ’70 sfilavano nelle nostre piazze contro l’installazione dei missili americani Pershing e Cruise, fingendo di ignorare la loro funzione di deterrenza, visto che Mosca aveva schierato da tempo i suoi SS-20, puntandoli contro tutte le capitali europee. E quando, nel gennaio del ’91, in risposta all’invasione del Kuwait, una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti e sostenuta da una risoluzione dell’Onu liberò l’Emirato arginando le mire del regime iracheno, i pacifisti organizzarono manifestazioni oceaniche per contestare la prima guerra del Golfo, dando così inizio alla stagione del pacifismo arcobaleno che poi, anche di fronte all’offensiva del fondamentalismo islamico avrebbe continuato a manifestare solo e soltanto contro l’imperialismo americano. Cambiano le generazioni, insomma, ma i pacifisti si mobilitano solo se le democrazie occidentali sono coinvolte in una guerra contro qualche tiranno. Anche se si tratta di soccorrere, come avviene in Ucraina, un popolo in lotta per la propria autodeterminazione e per difendere la libertà dell’intera Europa. Da una Guerra fredda all’altra, hanno sempre scelto la parte sbagliata. E tra Putin e Kara-Murza stanno dalla parte di Putin, come testimonia il loro totale disinteresse. In nome della pace, ovviamente.

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