L’artista ternana racconta a “Il Difforme” il significato dietro la sua opera, scelta come manifesto per il prestigioso evento musicale Umbria Jazz 2022
“Il difforme” incontra Lucrezia Di Canio, classe 1998, l’artista che ha realizzato “Mondi Musicali”, il manifesto del prestigioso evento musicale Umbria jazz weekend edizione 2022 per scoprire i segreti e i significati che si nascondono dietro l’opera. Si tratta, come racconta l’artista, di un’opera digitale formata da forme circolari che vogliono rappresentare una batteria in onore del genere musicale, ma non solo, all’interno dei piatti e dei tamburi dello strumento musicale si possono vedere dei mondi. Infatti, tutte le sfumature mostrano e creano le illusioni di mondi visti da lontano, con l’obiettivo di fare un omaggio al jazz come stile di musica che è nato grazie all’influenza di altri stili come il folk, il blues e tantissimi altri. L’artista che ha studiato prima a Roma e poi a Londra ci racconta anche il legame con la sua città di origine, con Terni.
Come è nata l’idea del manifesto “Mondi musicali”?
«Questo manifesto è stato realizzato digitalmente, è una delle mie prime opere digitali che ho realizzato nella mia carriera ed è sicuramente una tecnica che mi piacerebbe comunque continuare a sviluppare ed esplorare in futuro – svela l’artista – io di solito lavoro con scultura e pittura, quindi ho una pratica in realtà molto più materica rispetto al design delle opere digitali, invece, l’opportunità di presentare una proposta per Umbria jazz weekend 2022, mi è stata presentata nel momento in cui stavo sperimentando con il digitale, quindi decisi di proporre qualcosa con questa nuova tecnica».
L’opera artistica accompagna e rappresenta il festival musicale più prestigioso di Terni, ci racconti il significato che vuole veicolare?
«Certo. Come potete vedere nel manifesto ci sono parecchie forme circolari. Il cerchio è un punto di riferimento che nelle mie opere tende a ripetersi, sia nelle sculture che nei dipinti che creo e adesso anche nelle stampe digitali che realizzo. Questo perché per me è un simbolo molto interessante, si allaccia anche alla filosofia giapponese che a me piace molto ricercare e che sto continuando a studiare nel mio percorso artistico, è l’idea del simbolo “Ensō” nella filosofia giapponese il cerchio è un simbolo che racchiude dei contrasti della condizione umana. Quindi ad esempio la collettività e l’individualismo allo stesso tempo. Questa forma semplice e astratta in realtà racchiude molti significati che vanno a contrastarsi e che comunque descrivono la condizione umana, questo mi affascina molto e per questo ricerco sempre il cerchio nelle mie opere».
Infatti nel manifesto sono presenti ben cinque forme circolari…
«Sì, ho deciso di rappresentare più di un cerchio in una composizione verticale utilizzando anche i colori tipici di Umbria jazz come potete notare: l’azzurro, il giallo e il blu scuro. Questo un po’ per ovviamente fare un omaggio alla manifestazione che è una manifestazione unica, incredibile dell’Umbria ma anche dell’Italia e ho deciso di rappresentare una batteria stilizzata vista dall’alto. Quindi in realtà – spiega l’artista – quello che vedete sono i piatti e i tamburi di una batteria dove però all’interno ho stilizzato quelli che possono sembrare dei mondi. Infatti tutte le sfumature e pennellate digitali, se le vogliamo chiamare così, mostrano e creano le illusioni di universi o di mondi visti da lontano e questo proprio perché volevo fare un omaggio al jazz come stile di musica che comunque è nata grazie all’influenza di altri stili come il folk, il blues e tantissimi altri che insieme formano quello che oggi conosciamo come jazz. Quindi, ho creato questi mondi che si incontrano, che si uniscono e che si intrecciano l’uno con l’altro. Diciamo che ho voluto dare un omaggio anche alla storia del jazz attraverso questa idea dei mondi musicali che si uniscono e che diciamo convivono in un’unica composizione».
Possiamo parlare di un’opera che racchiude più significati?
«Tantissime persone ci vedono la cascate delle Marmore, per esempio, perché le pennellate quelle azzurre cadono l’una sull’altra come le curve dell’acqua delle cascate delle Marmore, è un’opera astratta: le opere astratte creano questa apertura e permettono allo spettatore di vedere quello che magari vogliono vederci anche dentro. E questa è una cosa che a me piace molto e per questo secondo me anche per la natura di Umbria jazz weekend e del jazz in generale, un’opera astratta è abbastanza appropriata. Perché il jazz è uno stile di musica che si improvvisava ai tempi quando prese piede negli anni 20. Quindi questa idea di improvvisazione, di unione, di collettività. Tutti ci possono vedere quello che vogliono nell’opera e a me questo piace molto».
Sei nata a Terni ma hai studiato a Roma e poi Londra, ci racconti il legame con la tua città di origine?
«Certo, allora io sono nata a Terni e mia mamma e la parte della famiglia di mia mamma sono di Terni. Io non sono proprio cresciuta lì perché ho vissuto a Roma, ho fatto le superiori a Roma però sono sempre tornata a Terni per vedere i miei nonni, per le vacanze. Terni l’ho sempre associata a un momento di svago, a un momento di tranquillità, tornare nella città dove conosci tutti, dove è tutto a un passo da casa, abitando in centro. Quindi diciamo è sempre stata per me una sfera di sicurezza non so come chiamarla, una piccola realtà che mi ha fatto sempre sentire sicura, tranquilla, a casa… e Terni, devo dire, è proprio casa se io dovessi definirla è casa per me. E oggi, io, avendo il mio studio d’arte qui a Terni, è diventata molto più di casa, è diventata anche ovviamente lavoro e comunque carriera professionale».
È bello sapere che c’è chi torna nella propria città di origine dopo esperienze all’estero..
«Sì, ogni volta che invito qualcuno a vedere le mie opere oppure a parlare anche per un progetto futuro io dico sempre sono a Terni se volete venire a vederle di persona, dovete venire qui. Faccio scoprire anche ad altre persone Terni, perché moltissimi non ci passano per caso come magari in altre città. Quindi a me piace molto questa cosa di far scoprire la mia città a colleghi e colleghe. E anche di presentarla come casa mia. Questo mi riempie il cuore di orgoglio, poi, con una manifestazione del genere, facendone parte e donando una mia opera a una manifestazione prestigiosa, come Umbria jazz, a Terni è proprio un onore. Mi fa sentire che ho contribuito per qualcosa di casa mia e questo è impagabile, no?»
Non è un lavoro comune come molti altri… come hai deciso di intraprendere la strada dell’artista? Scelta consapevole o sogno nel cassetto?
«Allora, io sarò un po’ forse cinica in questo. Però io, fatico a credere agli artisti che magari dicono: ah io da piccolo o da piccola sapevo che volevo fare questo.. perché è veramente una professione molto particolare. Io personalmente, per come è andata per me, a scuola ero abbastanza brava in tutte le materie non avevo problemi a scegliere diversi percorsi, non è che sapevo fare solo quello, e quindi avevo capito che era il mio talento, ecco. Io non penso sia andata così, io facevo arte a scuola e avendo studiato in una scuola inglese internazionale il sistema è un po’ diverso. Alla scuola inglese se tu intraprendi arte non studi solo storia dell’arte, fai storia dell’arte e fai anche proprio tecniche di pittura e scultura, cose molto più pratiche e quindi diciamo avendo l’opportunità di toccare proprio con mano cosa voleva dire creare un’opera d’arte già a livello del liceo scoprii che in quella materia, avevo un po’ più di difficoltà in realtà, perché il sistema scolastico richiedeva tecniche specifiche e dei compiti eseguiti con un modo specifico. A me piaceva esplorare cosa potevi fare con l’arte al di fuori dagli schemi. Dopo aver eseguito il compito, pensavo… ma questa tecnica in realtà come la posso capovolgere? come la posso usare in un altro modo per esprimere una cosa totalmente diversa? Da lì si aprivano questi mondi, tra virgolette, dove cercavo di scoprire come potermi esprimere o comunque come far capire un’idea attraverso un metodo, poi, lì capii che era quello che mi piaceva studiare. Da lì capii questa è veramente una cosa che posso fare che posso sviluppare per me stessa ma anche per gli altri perché poi quando scegli di diventare un’artista penso che scegli anche di dare te stessa alle persone. Io dico sempre che gli artisti sono le persone più generose al mondo perché noi mettiamo parte di noi là fuori attraverso le nostre opere».