Il contesto è delicato, caratterizzato da dati scientifici ancora incerti sul bilancio tra benefici e rischi relativi al trattamento a base di triptorelina per gli adolescenti con disturbo di disforia di genere. Al momento Nisticò ha annunciato l’avvio di una discussione e una rivalutazione sull’inclusione del farmaco nell’elenco dei medicinali istituiti ai sensi della legge 648 del 1996.
Questa decisione non verrà presa unilateralmente, ma in collaborazione con il tavolo del Ministero della Salute e le principali società scientifiche coinvolte, tra cui la Società Italiana di Endocrinologia, la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, e la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica. “La scienza è in continua evoluzione“, ha sottolineato Nisticò, enfatizzando la necessità di evidenze sperimentali e cliniche più approfondite per supportare l’uso della triptorelina negli adolescenti con disforia di genere.
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Uno degli elementi cruciali nel dibattito sono i dati, o più precisamente la scarsità di dati sul fenomeno. Nisticò ha fornito un’analisi dei numeri relativi all’uso della triptorelina nel 2023, evidenziando circa 25 casi trattati nelle singole regioni. Tuttavia, ha notato la possibilità di sovrastimazione dovuta a casi di duplicazione e alla mobilità interregionale. Inoltre, ha sottolineato la sfida nell’identificare con certezza i pazienti riferibili alla disforia di genere.
Da dove nasce l’indagine sulla triptorelina?
L’indagine è iniziata mesi fa, in risposta a un’interrogazione presentata da Maurizio Gasparri di Forza Italia lo scorso 20 dicembre, che ha sollevato preoccupazioni sull’uso della triptorelina su minori senza un adeguato supporto psicologico, affermando che il farmaco sarebbe somministrato a bambini di 11 anni senza alcuna assistenza psicoterapeutica e psichiatrica. Prima di questa interrogazione, il Ministero della Salute, Orazio Schillaci, aveva già richiesto al Comitato nazionale per la bioetica e all’Aifa una rivalutazione sull’uso della triptorelina.
Per quanto riguarda Careggi, l’ospedale al centro dell’indagine, la Regione Toscana aveva fornito ulteriori dettagli sulla somministrazione del farmaco, riferendo che nel corso del 2023 erano stati trattati 26 casi, con pazienti con un’età media di 15,2 anni, e il paziente più giovane aveva appena 11 anni. La Regione aveva però assicurato che il centro di Careggi fornisce un adeguato supporto psicologico ai sui pazienti, anche in vista dell’eventuale trattamento.
Eppure, per Nisticò, un altro aspetto critico riguarderebbe invece proprio la mancanza di chiarezza nei dati inviati dall’ospedale Careggi e dalla Regione Toscana. Il presidente dell’Aifa ha evidenziato la complessità nel distinguere tra diverse categorie di pazienti e nel tracciare la regione di provenienza dei soggetti inclusi nei file inviati. Inoltre: “i dati confermavano l’assenza di segnali di sicurezza in seguito ai controlli endocrinologici dell’intero gruppo di pazienti, mentre nessuna informazione era presente in merito alle valutazioni psicologiche o psichiatriche“.
Le reazioni preoccupate alla notizia
Simone Bezzini, assessore regionale al diritto alla salute, aveva dichiarato di apprezzare gli approfondimenti, pur esprimendo preoccupazione per eventuali strumentalizzazioni del processo di verifica. Dall’altro lato, Natascia Maesi, presidente nazionale dell’Arcigay, aveva criticato l’azione del Ministero della Salute definendola persecutoria; supportata da Emiliano Fossi, segretario del Partito Democratico toscano, che aveva etichettato la vicenda come “troppo politica e ideologica“.
La disforia di genere non è un semplice capriccio che può essere o meno soddisfatto, essa rappresenta un complesso disturbo dell’identità relativo alla percezione corporea del paziente, che non presenta cure o rimedi, fatto salvo per un assecondamento di tale percezione con interventi che facciano combaciare la realtà esterna del paziente con quella interna. Indipendentemente dall’importanza del processo psicoterapeutico e del mantenere un certo livello di attenzione sull’eventuale pericolosità dei farmaci, qualsiasi politica volta a limitare l’accesso alle cure a pazienti di qualsiasi età, su base prettamente ideologica, implicherebbe il condannarli a una sofferenza terribile e inguaribile.
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