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Il Difforme > Politica > Per il Pd non c’è pace: niente accordo sui gruppi e malumori dei riformisti
Politica

Per il Pd non c’è pace: niente accordo sui gruppi e malumori dei riformisti

Rob. Spar. 18 Maggio 2023 23:31
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4 Min di lettura
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ELLY SCHLEIN POLITICO
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La lettera di Ceccanti, Morando e Tonini: “Rischio regresso”. Nuovo rinvio del voto: il nodo è il ruolo di Piero De Luca

I malumori dell’area riformista del Pd continuano a bussare alla porta di Elly Schlein. Con una lettera aperta, gli ex parlamentari dem Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini hanno parlato di “rischio di un regresso” del partito “verso un antagonismo identitario”, spiegando di non volersi però arrendere a un “silenzio rassegnato”. Segnali che fanno il paio con lo stallo nei gruppi parlamentari: manca l’accordo sull’assetto e il nodo principale è il ruolo di un riformista, il deputato Piero De Luca.  

Indice
La lettera di Ceccanti, Morando e Tonini: “Rischio regresso”. Nuovo rinvio del voto: il nodo è il ruolo di Piero De LucaL’attacco a Schlein per corrispondenzaIl terzo rinvioLa questione campanaAl Senato arriva Bazoli

L’attacco a Schlein per corrispondenza

I tre ex parlamentari hanno pubblicato un intervento su Repubblica.it, prendendo di mira l’atteggiamento della segretaria sulle riforme istituzionali: “Sembra tentata dal rifugiarsi sull’Aventino –hanno scritto –con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell’agenda del Paese. Tocca a noi riformisti un’aperta contestazione di una scelta che finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Pd”.

La risposta è arrivata dal deputato Andrea Orlando, che ha sostenuto Schlein al congresso: “Comincio ad essere un po’ infastidito da questo utilizzo del termine riformisti. Le riforme non solo le vogliamo tutti ma, forse, le abbiamo anche fatte, anche se non ci autodefinivamo riformisti. E alcuni che si definiscono riformisti di riforme ne hanno fatte pochine”.

Il terzo rinvio

Per gli assetti, le tensioni sono sui nomi. Per la terza volta è stata rimandata l’assemblea dei gruppi che avrebbe dovuto eleggere gli uffici di presidenza: vicecapogruppo, tesoriere e via dicendo. Senatori e deputati si sono riuniti, ma hanno modificato in corsa l’ordine del giorno, per parlare degli strumenti con cui poter dare risposte all’emergenza maltempo. I fatti dell’Emilia Romagna hanno cambiato le priorità. E poi l’accordo ancora non c’è: i vertici del partito hanno più di un dubbio sulla conferma di De Luca nel ruolo di vicecapogruppo.

La questione campana

A pesare sono le vicende del Pd campano. Non a caso, dopo la polemica su tessere gonfiate e “cacicchi” che ha attraversato tutto il congresso, fra le prime mosse di Schlein c’è stata la nomina del fidato Antonio Misiani come commissario del partito regionale. E in Transatlantico c’è chi fa notare come sullo sfondo ci sia anche il rapporto non facile fra la segretaria e il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, padre di Pietro.

Al Senato arriva Bazoli

Lo stallo alla Camera si porta dietro quello al Senato, dove l’accordo sarebbe invece vicino. Al posto del vicepresidente vicario Alessandro Alfieri –che lascia in quando scelto come responsabile Riforme del partito –arriverebbe Alfredo Bazoli. I maldipancia dei riformisti, specie dei cattolici, hanno già portato a qualche addio. Come quello del senatore Enrico Borghi, passato a Iv. “Sono da evitare come la peste sia le scissioni ad opera di minoranze sconfitte in regolari Congressi –è la posizione espressa nella lettera da Ceccanti, Morando e Tonini –sia le sollecitazioni ad accomodarsi fuori rivolte da maggioranze inconsapevoli ed arroganti a chi non condivide la linea politica e le scelte del leader pro-tempore”.

© Riproduzione riservata

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