L’ex ministro si è spento a 98 anni nella sua abitazione di Pavia: lascia una vita di impegno politico e di rappresentante delle istituzioni
Virginio Rognoni, nato a Corsico il 5 agosto del 1924 diventa esponente della Democrazia Cristiana in tempi piuttosto rapidi. Eletto a Pavia, dove fu consigliere comunale fra il 1960 ed il 1964, vicesindaco ed assessore all’urbanistica fino al 1967. E’ morto oggi all’età di 98 anni.
Nel 1968 fa il suo ingresso nella politica nazionale, sette conferme alla Camera in altrettante legislature. La sua impronta, più importante, la danno gli anni trascorsi al Viminale, fra il 1978 ed il 1983, succedendo ad un personaggio come Cossiga. Erano gli anni del terrorismo in Italia, la lotta fra rossi e neri.
Ha affrontato gli “anni di piombo”, quelli delle BR, della lotta armata e delle bombe dei neofascisti. Più di 200 organizzazioni terroristiche furono attive sotto il suo dicastero. Insieme a Pio La Torre fu promotore della legge che introduceva il reato di associazione mafiosa.
Diplomato presso il Liceo Classico Ugo Foscolo di Pavia, durante i suoi studi universitari si è laureato in giurisprudenza a Pavia, nel 1967. È stato prima borsista alla Yale University nel 1950 e poi professore di Istituzioni di diritto processuale presso la facoltà dell’ateneo nel Pavese.
Le riforme più significative
Tra le sue riforme più significative la smilitarizzazione della Polizia di Stato nel 1981. Dopo questa esperienza di ministro si aprì, per Rognoni, la carriera di presidente del gruppo della DC alla Camera. Nominato presidente di Grazie e giustizia nel secondo governo Craxi e nel sesto Fanfani (aprile-luglio 1987).
Poi è la volta del Ministero della Difesa nel sesto e settimo governo Andreotti (luglio 1990-giugno 1992). Nel 2002 tornò alla ribalta per la sua ultima esperienza istituzionale come vicepresidente del Consiglio Superiore della magistratura. Rognoni, inoltre, è stato presidente della Commissione per i diritti umani della Presidenza del Consiglio e membro esecutivo dell’Aspen Institute.
Nel 2007, infine, è stato selezionato come uno dei dodici saggi dell’Ulivo, chiamati a scrivere il manifesto del Partito Democratico.
Sposato per 57 anni con Giancarla Landriscina, hanno avuto quattro figli. Profonda la commozione e il cordoglio della politica che lo ricorda con affetto, sottolineando il suo impegno per una vita dedicata alle istituzioni.