Il progetto non è un’impuntatura del centrodestra, ma un’infrastruttura strategica anche in ottica comunitaria: è l’anello mancante per completare il corridoio scandinavo-mediterraneo
Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera strategica, non uno sperpero di soldi pubblici come continua a sostenere il fronte ideologico del no che, in coincidenza con il via libera del Consiglio dei ministri al progetto, si è riunito davanti a Montecitorio per un flashmob di protesta. Sono i luddisti del panambientalismo che hanno detto no a tutto, rallentando lo sviluppo del Paese: no all’Alta Velocità Torino-Lione, no al Tap in Puglia, no al Muos in Sicilia e ora no al Ponte, con la motivazione che non sarebbe un’infrastruttura “green” (anche su produrrebbe 140mila tonnellate di anidride carbonica in meno…) e che i dieci miliardi previsti per la sua costruzione dovrebbero essere destinati a opere più urgenti.
Chi si oppone al progetto
Una narrazione che a sinistra è condivisa un po’ da tutti: basti ricordare che l’ex ministro del Sud, il piddino Provenzano, ha detto in più occasioni che il progetto del Ponte “è stato il grande alibi per non realizzare infrastrutture nel Mezzogiorno e che non serve aspettare per avere l’Alta velocità in Sicilia o per portarla in Calabria”. Con la chiosa che non si può pensare al Ponte sullo Stretto quando al Sud ci sono ancora strade e ferrovie da Terzo Mondo. Tutte argomentazioni pretestuose, visto che – tra l’altro – il progetto ricomprende anche le opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano per assicurare il collegamento del Ponte al nuovo tracciato dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, alla linea ferroviaria ad Alta Velocità Napoli-Reggio Calabria e alle tratte autostradali Messina-Catania e Messina-Palermo.
Il progetto dell’Europa
La realizzazione del Ponte, nell’impostazione originaria del governo Berlusconi, prevedeva la realizzazione in project financing, con una partecipazione pubblica pari al 40 per cento e quella dei privati pari al 60 per cento, da recuperare attraverso pedaggi e canoni durante la durata trentennale della concessione. All’epoca, l’opera fu caldeggiata dal commissario europeo Van Miert il quale ricordò, in un’audizione al Parlamento di Strasburgo, che era stato realizzato un viadotto in mare di 21 chilometri per collegare la Danimarca con la Svezia – due Paesi con 4-5 milioni di abitanti – ed era quindi inconcepibile non collegare con un ponte lungo 3 chilometri un’isola di circa sei milioni di abitanti come la Sicilia col resto d’Italia. Posizione che non è cambiata, tanto che la Commissione ha appena teso una mano al governo dichiarandosi disponibile a finanziare la prima parte del progetto.
Questo atteggiamento di apertura conferma che quella del Ponte non è un’impuntatura del centrodestra – che lo ha posto fra le priorità del suo programma di governo – ma un’infrastruttura strategica anche in ottica comunitaria, perché è l’anello mancante per completare il Corridoio scandinavo-mediterraneo. Ogni progetto di Alta Velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e l’Europa. Sotto questo aspetto, il Ponte è un’opera che consentirà al Sud di ridurre lo storico divario in termini di infrastrutture e di servizi, e di essere finalmente concorrenziale in termini di sviluppo economico, intercettando prima di tutto il traffico merci che dal canale di Suez si dirige verso Gibilterra per puntare sui porti del Nord Europa, quando invece la Sicilia con il porto di Augusta collegato all’Alta velocità potrebbe rappresentare un hub strategico nel Mediterraneo.
I tempi di realizzazione e Draghi
Resta un rammarico: la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nell’approvare all’unanimità il documento sul Recovery Fund, aveva espressamente indicato, tra le opere strategiche prioritarie, il ponte sullo Stretto, ma il governo Draghi lo espunse ritenendone impossibile il completamento entro il 2026, il limite temporale fissato dall’Ue per l’impiego dei finanziamenti. Ma ora ci sono tutte le condizioni per andare avanti in tempi congrui: i lavori partiranno entro l’estate del 2024 e quando l’opera sarà realizzata le stime prudenziali dicono che per la sola Sicilia ci sarà un aumento di ricchezza tra i 5 e i 6 miliardi di euro all’anno. Questo Ponte, insomma, s’ha da fare.