“Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie“. Sono queste le parole del padre di Filippo Turetta dopo l’uscita delle intercettazioni in carcere.
Il 27 luglio sono state rese pubbliche le parole dei genitori di Filippo Turetta, il ragazzo di Giulia Cecchettin che l’ha uccisa violentemente con 75 coltellate lo scorso novembre. L’intercettazione risale al 3 dicembre, la prima volta in cui i genitori del ragazzo hanno potuto rivederlo dopo aver commesso l’omicidio ed essere stato arrestato. Le intercettazioni degli investigatori si trovano all’interno del fascicolo processuale, pubblicate dal tabloid Giallo e riportate oggi dal Corriere della Sera e da L’Arena di Verona. La famiglia Turetta non sapeva di essere registrata.
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Le parole di scusa del padre
“Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi“. Così Nicola Turetta intervistato sull’edizione on line del Corriere della Sera.
“C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio -continua Nicola Turetta- non ho dormito questa notte. Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l’altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali – ha spiegato – Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Domani chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro. Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse“.
“Gli ho detto ‘ti devi laureare’, non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui, ma solamente per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto“, aggiunge. “Filippo ora si rende conto di quello che ha fatto. Siamo riusciti infatti ad affrontare l’argomento. Vuole scontare la sua pena. Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità -continua Nicola Turetta – Non pronuncerei più quelle parole, ma era un tentativo disperato di evitare un gesto inconsueto. Mi dispiace davvero tanto. Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate“.
Turetta, le parole sconvolgenti dei genitori
Il padre dell’assassino, Nicola Turetta, nel colloquio che si è tenuto lo scorso dicembre nel carcere di Verona, ha cercato di tranquillizzare il figlio riguardo all’omicidio che aveva commesso un mese prima, dicendogli frasi come “Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare”.
Queste parole sono state incredibilmente pronunciate durante la prima visita dei genitori a Turetta, dopo che il ragazzo aveva commesso un omicidio, aveva nascosto il corpo in un bosco in Friuli ed era scappato in Germania. Nel colloquio Turetta avrebbe chiesto al padre se fosse stato licenziato per colpa sua, e il padre, per tranquillizzarlo, pronuncia delle parole a dir poco opinabili: “Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti“.
Nicola Turetta chiede poi al figlio come si fossero comportati con lui i magistrati e Filippo risponde “meglio di quello che mi aspettavo”, e alla fine esprime il timore di essere lasciato dall’avvocato, Giovanni Caruso: “Magari non ce la faccio a riferirgli tutto, io non ho detto tutto”.
C’è quindi da chiedersi, è lecito che un genitore che prova infinito amore per un figlio lo protegga e lo difenda da tutto e da tutti, anche in casi estremi come questo, in cui è accusato di aver ucciso violentemente una giovane ragazza innocente? O è bene che, nonostante si tratti di un figlio, si riesca a scindere l’amore che si prova dal violentissimo gesto commesso?
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