“Prenderemo le nostre decisioni da soli e faremo tutto il possibile per proteggere i cittadini” ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu in risposta alle richieste di moderazione presentate dai ministri degli esteri inglesi e tedeschi. David Cameron e Annalena Baerbock si sono infatti recati a Israele per trattare una de-escalation militare tra l’Iran e lo stato ebraico. Netanyahu ha però deciso di proseguire per la sua strada, come dimostrano anche le parole del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant: “Il terrore parte da Teheran, le loro mani sporche di sangue si protendono, ma noi le taglieremo ovunque“.
Intanto il G7 si è riunito a Capri, dove i ministri degli Esteri dei sette Paesi dovranno discutere delle eventuali sanzioni a cui sottoporre l’Iran per depotenziare la sua contro offensiva nei confronti di Israele. Lo Stato islamico ha infatti già promesso una risposta militare nel caso in cui Israele decida di attaccarlo nuovamente.
Il pericolo che il conflitto in Medio Oriente si allarghi preoccupa l’Occidente che sta cercando di moderare i rapporti tesissimi tra i due Paesi. La richiesta di Netanyahu di sanzionare l’Iran sembra essere stata accolta ed ora si apre uno spiraglio per le trattative con Israele. La speranza è che l’offensiva dello Stato ebraico sia “limitata” e che con essa si chiuda il capitolo offensivo contro l’Iran.
Israele, le ipotesi del secondo attacco all’Iran
Secondo fonti dell’intelligence statunitense e israeliana il consiglio di guerra ristretto starebbe valutando il lancio di oltre 300 droni e missili contro l’Iran. Un attacco devastante che preoccupa i Paesi del Medio Oriente e dell’Occidente. Israele, secondo la rivista Axios, avrebbe programmato l’attacco per lo scorso lunedì per poi decidere di rimandarlo a data non ancora certa. Secondo gli Usa sarebbe improbabile che l’attacco venga sferrata prima della fine della Pasqua ebraica, ovvero prima del 30 aprile.
Secondo il Wall Street Journal Israele avrebbe intenzione di limitare gli attacchi alle basi iraniane in Siria, mentre una fonte americana avrebbe riferito a Cbs che Washington prevede un attacco “limitato” sul territorio iraniano. Sull’attacco all’Iran, quindi, le ipotesi sarebbero diverse e per questo lo Stato islamico avrebbe iniziato a prendere tutte le precauzioni possibili. I Pasdaran avrebbero iniziato ad evacuare alcune postazioni in Siria, altre invece sarebbero lasciate vuote solo la notte, periodo in cui il raid israeliano è più probabile.
Le Guardie Rivoluzionarie iraniane, poi, avrebbero consigliato ai militanti di Hezbollah di fare la stessa cosa a causa delle possibili rappresaglie dello Stato ebraico, a seguito dei diversi attacchi nel Nord del Paese, dove i militanti del “partito di Dio” libanese continuano a colpire.
Le offensive di Hezbollah e le minacce dell’Iran
L’Iran non si è fatto intimorire dalle minacce di Israele ed ha rivendicato duramente: “la più piccola aggressione” porterà a una risposta “potente e feroce“. Le acque non si sono calmate e sembra che non si calmeranno neanche a breve. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha poi voluto sottolineare che se lo Stato islamico avesse voluto effettuare un’operazione più grande “nulla sarebbe rimasto nel regime sionista“. Da capire, ora, se il prossimo e plausibile attacco dell’Iran sarà veramente di così grandi dimensioni.
Secondo le parole di Raisi, poi, sembra evidente che la strategia occidentale, che vorrebbe convincere Netanyahu ad inviare un attacco su piccola scala, non servirebbe a nulla. La risposta dell’Iran sarebbe comunque forte. Da comprendere, allora, in che modo si inseriranno le sanzioni dell’Occidente verso l’Iran e verso tutti i Paesi che potrebbero fornirgli missili e droni.
Da non sottovalutare, inoltre, la presenza dei miliziani di Hezbollah al confine con Israele. Ieri un razzo del “partito di Dio” ha colpito un edificio nel villaggio Arab Al-Aramshe nel nord di Israele, ferendo cinque civili e tredici militari. Di conseguenza, l’aviazione israeliana avrebbe colpito tutta l’area da cui sarebbero partiti i missili.