Dazi Usa al 100% su film stranieri: la guerra di Trump agli studios che lavorano all’estero

Un sondaggio tra i dirigenti di studios ha rivelato che le cinque principali sedi di produzioni non si trovano più negli Usa, ma in località dove sono presenti incentivi competitivi. Al primo posto si è classificata Toronto, seguita da Gran Bretagna, Vancouver, Europa centrale e Australia

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L’ennesimo post di Donald Trump sul suo social network, Truth, ha dato inizio ad un’isteria di massa riguardante il futuro del cinema non americano. Il Tycoon, impegnato a comprendere in che modo riportare “l’età dell’oro” negli States, sembrerebbe essere pronto a procedere con una nuova imposizione nei confronti di tutti i Paesi che commerciano con gli Usa.

Autorizzo ad avviare immediatamente il processo per l’istituzione di una tariffa del 100% su tutti i film che arrivano nel nostro Paese e che sono prodotti in Paesi  stranieri“, ha scritto il miliardario nel suo post, annunciando, anche se non formalmente, possibili dazi su tutti i prodotti cinematografici che non sono stati realizzati sul suo americano.

Un’impresa particolarmente impegnativa, che però secondo Trump è l’unica soluzione per riportare Hollywood ai vecchi fasti. Quest’ultima, dal suo punto di vista, sarebbe “devastata” da registi e casi di produzione che decidono di lavorare all’estero. Oggi, quindi, è arrivato il momento di “realizzare film in America, di nuovo!“. Sulla questione, l’Ue mantiene un certo distacco.

Non abbiamo l’abitudine di commentare i post sui social media di altri Capi di Stato“, ha dichiarato il portavoce aggiunto della Commissione, Stefan De Keersmaecker, mentre il portavoce della Commissione Ue per il commercio, Olof Gill, ha spiegato che prima di prendere qualunque decisione l’Europa dovrà comprendere quali sono le specifiche dei nuovi dazi annunciati da Trump.

I motivi che hanno spinto Trump a ipotizzare i dazi sui film

All’interno del suo post, comunque, il presidente Usa ha cercato di dare una spiegazione logica alla sua decisione. In questo momento, secondo Trump, l’industria cinematografica americana starebbe affrontando una crisi, mentre altri Paesi sfruttando l’occasione per attirare i registi gli studios americani affinché producano sul loro territorio. C’è da specificare, però, che l’annuncio del Tycoon è arrivato dopo che la Cina, in cui al momento sono in vigore dazi al 145%, ha annunciato l’intenzione di voler ridurre il numero di film statunitensi importati.

Le parole di Trump avrebbero però un fondo di verità. Hollywood starebbe accusando un periodo di magra, a causa degli scioperi dei lavoratori e delle abitudini di visione degli spettatori, che oggi preferiscono guardare film a casa e non più al cinema. L’industria Usa, quindi, sta iniziando a faticare a trovare slancio e dal 2023 al 2024 è stato registrato un calo del 26% sulle spese di produzione.

Inoltre, un sondaggio tra i dirigenti di studios ha rivelato che le cinque principali sedi di produzione non si trovano più negli Usa, ma in località dove sono presenti incentivi competitivi. Al primo posto si è classificata Toronto, seguita da Gran Bretagna, Vancouver, Europa centraleAustralia. Un affronto bello e buono su cui Trump non sembra più pronto a transigere.

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