Roma, Guardia di Finanza sequestra dei falsi esposti all’Ara Pacis

La Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato opere d'arte in marmo che nel 2023 erano esposte all'Ara Pacis. Gli oggetti non risalirebbero al I secolo d.C., come si presumeva, ma sarebbero produzioni di epoca moderna

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Tra il 27 maggio e il Primo ottobre 2023 i visitatori della Ara Pacis a Roma potrebbero essersi trovati ad osservare una serie di opere d’arte false. La Guardia di Finanza del comando provinciale di Roma ha sottoposto a sequestro una serie di opere in marmo per l’ipotesi di reato di contraffazione dei beni culturali.

La mostra, dal titolo ‘LEX. Giustizia e diritto dall’Etruria a Roma‘ ha messo a disposizione dei turisti 80 opere provenienti dalle collezioni dei Musei civici di Roma Capitale, da musei e istituzioni nazionali e da collezioni private.

Il lavoro della GDF di Roma

Alcune di queste, dunque, potrebbero essere contraffatte. È quello che emerge dalle attente indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria: le opere in questione non risalirebbero al I secolo d.C., come invece erano state presentate nell’evento dell’Ara Pacis, ma sarebbero riproduzioni di epoca moderna.

L’operazione messa in atto dalla Guardia di Finanza rientra nella campagna di prevenzione del riciclaggio di capitali illeciti nel settore del commercio di opere d’arte. Parallelamente è stato necessario anche il sequestro di “Lex. Giustizia e diritto dall’Etruria a Roma. Catalogo della mostra“, la pubblicazione illustrativa delle opere presenti nella mostra dell’Ara Pacis.

Il prodotto era in vendita nelle librerie e sui siti di shopping on line, oltre che reso disponibile all’interno delle biblioteche. Nel catalogo, chiaramente, veniva attribuita agli oggetti di marmo sequestrati la datazione risalente al I secolo d.C.

I finanzieri del Nucleo Pef di Roma hanno ritirato queste pubblicazioni in ragione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale della Capitale. La misura servirebbe a evitare che venga mistificato il patrimonio culturale italiano e che le opere possano finire sul mercato dei beni archeologici a un prezzo più elevato di quello effettivo, grazie alla fuorviante attribuzione storica.

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