Giulio Regeni, la ricerca di giustizia di giudici e cittadini

La Corte costituzionale ha accolto l’istanza avanzata dal procuratore capo di Roma Lo Voi e dal suo aggiunto Sergio Colaiocco

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Sul caso di Giulio Regeni la Corte costituzionale ha accolto l’istanza avanzata dal procuratore capo di Roma Lo Voi e dal suo aggiunto Sergio Colaiocco. Ha stabilito la Corte, che per “i delitti commessi mediante atti di tortura”, uno stato estero non può impedirne il giudizio attraverso lo stratagemma della non collaborazione alla notifica dell’atto giudiziario ad un proprio cittadino.

Con questo pronunciamento della Corte i militari dei servizi egiziani responsabili delle torture e della morte di Giulio Regeni potranno finalmente essere giudicati, non essendo più necessario l’atto di notifica del procedimento. Dal ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni, seminudo e vilipeso dai segni delle torture, finalmente la Giustizia (quella con la G maiuscola) può riprendere il suo corso.

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I due genitori di Giulio Regeni

La lunga traversata del deserto di giudici e cittadini, ora la giustizia può riprendere il suo corso

La politica italiana sul caso Regeni non aveva tratto un ragno dal buco e si deve alla determinazione dei genitori se per Giulio si riaccende la speranza di vedere giudicati i carnefici. La forza insieme gentile e rispettosa, determinata e convincente, di genitori che hanno sempre creduto che qualche cosa si potesse fare ha finito con l’indicare la strada ai giudici che, come la stragrande maggioranza degli italiani, si saranno sentiti padri e madri, sorelle e fratelli di Giulio Regeni.

È dal 3 febbraio 2016, quando i bordi di una strada restituirono il corpo di Giulio scomparso il precedente 25 gennaio, che si aspetta e si reclama giustizia. E la storia si fa subito intrigo e depistaggio: a poco più di un mese dal ritrovamento del cadavere i servizi egiziani provano a sviare i sospetti sulle ipotesi di loro responsabilità sull’assassinio di Giulio Regeni. Come un inaspettato fulmine a ciel sereno, il 24 marzo dall’Egitto fanno sapere di aver ritrovato il passaporto di Giulio in un posto frequentato da gente malfamata. Ecco, vedete che posti frequenta Giulio?, sembrano volerci dire. Così alla crudeltà questa misera gente ha l’impudenza di associare anche il disprezzo per una persona che per colpa di altri, e non per scelta, aveva dovuto lasciare anzitempo questo mondo e i suoi affetti ancora tutti da vivere.

La vile messa in scena di Giulio che frequenta ambienti malfamati non fa, però, breccia tra gli inquirenti, che continuano a percorrere con determinazione la via della ricerca della verità. Il resto del 2016, tutto il 2017 e sino a dicembre del 2018, sono il periodo di tempo che serve alla Procura di Roma per arrivare ad indagare i militari egiziani come presunti responsabili dell’omicidio di Giulio Regeni. Il 10 dicembre del 2020 la chiusura delle indagini e l’opposizione dell’Egitto a far notificare l’atto ai presunti responsabili.

Da al Sisi nessuna collaborazione, si teme il colpo di coda del potere che guida l’Egitto

Dal 2014 il potere in Egitto è gestito da Abdel Fattah al Sisi. Un potere contro il quale hanno sbattuto la testa governi e diplomazia italiana. Tutti i tentativi della giustizia italiana si sono infranti contro il muro di gomma costituito dall’impossibilità di procedere contro i responsabili perché mancante il requisito della notifica dell’atto giudiziario. Ora la Corte costituzionale ha sanato questa fattispecie, avvalendosi della tesi che il giudice può procedere anche in assenza dell’imputato per tutti quegli atti definiti dalla Convenzione di New York (tortura), questo quando la “mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato – consapevole del procedimento – sia stato messo a conoscenza del processo”. A dire che gli imputati erano consapevoli del procedimento a loro carico era stata la Cassazione, pur precisando, però, che non vi fosse la certezza assoluta che sapessero del rinvio a giudizio. Condizione, quest’ultima, che aveva prodotto un sostanziale blocco del procedimento.

La Corte costituzionale con la sua pronuncia ha riaperto le speranze di giustizia, ma da qui a dire che chi amministra il potere in Egitto alzi bandiera bianca ce ne corre. Anzi, è bene essere pronti a contrastare le azioni che sicuramente gli egiziani metteranno in campo. I responsabili delle torture e dell’assassinio di Giulio Regeni, individuati dal giudice italiano sono nell’ordine di grado: il maggiore Magdi Ibrahim Sharif, i colonnelli Helmi Uhsan e Hatar Kamel, e da ultimo il generale Sabir Tariq. I giudici non saranno riusciti a notificare l’atto ai quattro militari, ma agli stessi non servirà più nascondersi dietro il velo della mancata notifica: arriverà una sentenza e i giudici dovranno farla applicare.

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