Columbia University, polizia arresta 50 studenti durante sit-in pro Palestina

La polizia di New York è intervenuta su richiesta scritta dell'ateneo per sgomberare la Butler Library. Gran parte dei manifestanti indossava la kefiah simbolo delle proteste. L'università ha denunciato presenze esterne e rischi per la sicurezza

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La Columbia University è tornata al centro dell’attenzione dopo che un sit-in pro-Palestina organizzato dagli studenti ha portato all’intervento della polizia di New York.

Una cinquantina di persone sarebbero state fermate, ammanettate e caricate sugli autobus per aver partecipato a una breve occupazione della Butler Library, la principale biblioteca dell’ateneo.

L’ordine di sgombero

Secondo la presidente ad interim della Columbia University, Claire Shipman, l’elevato numero di persone coinvolte nella protesta, sia all’interno che all’esterno dell’edificio, rappresentava un pericolo per la sicurezza

La “significativa presenza di individui non affiliati all’università” ha fatto scattare l’intervento della polizia, al fine di garantire “l’incolumità della comunità“, ha dichiarato Shipman. Durante gli scontri, due agenti della sicurezza dell’università sono rimasti feriti. I comportamenti violenti registrati sono stati definiti “inaccettabili” dalla presidente.

Secondo Sharla Steinman, dottoranda alla Columbia Journalism School, molti dei protestanti indossavano le kefiah bianche e nere, simbolo delle proteste propalestinesi. “Le autorità universitarie avevano precedentemente avvertito i manifestanti che il mancato rispetto dell’ordine di sgombero avrebbe potuto comportare sanzioni disciplinari e possibili arresti per violazione di domicilio ha concluso.

Il sindaco di New York, Eric Adams, ha giustificato l’operazione, sottolineando che è avvenuta su richiesta scritta della Columbia University. “New York difenderà sempre il diritto alla protesta pacifica, ma non tollererà mai l’illegalità”, ha puntualizzato il primo cittadino ribadendo di essere al fianco di tutti i cittadini “ebrei, in particolare agli studenti di Columbia che si sentono minacciati o non al sicuro nel frequentare le lezioni a causa di questi eventi“.

L’ondata nazionale di proteste studentesche

L’episodio alla Columbia University si inserisce in un’ondata di proteste studentesche che da settimane attraversa i campus universitari di tutto il Paese. In seguito all’escalation del conflitto tra Israele e Hamas, numerosi studenti hanno organizzato sit-in, tende, boicottaggi e manifestazioni per chiedere la fine del sostegno statunitense al governo israeliano e la cessazione delle ostilità a Gaza.

Le università si trovano già sotto pressione da parte di donatori, autorità locali e opinione pubblica, divise tra il rispetto della libertà d’espressione e la necessità di garantire la sicurezza all’interno dei campus.

Eppure, un caso emblematico è quello di Mahmoud Khalil, studente palestinese e attivista della Columbia, arrestato e detenuto in Louisiana, che rischia la deportazione nonostante il suo status di residente permanente legale negli Stati Uniti. La sua vicenda ha acceso ulteriori dibattiti sulla repressione politica e i diritti civili nel paese

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