Il caso dei MSNA: il rapporto di Save The Children “Nascosti in piena vista”
La tragedia a Crotone riporta in primo piano la necessità di una rete di accoglienza strutturata, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori che arrivano nelle coste senza genitori e figure adulte di riferimento. Vengono chiamati MSNA – minori stranieri non accompagnati: in Italia in 10 anni ne sono arrivati oltre 103mila.
Chi sono i MSNA: quadro normativo
Con l’espressione “minore straniero non accompagnato” (MSNA), in ambito europeo e nazionale, si fa riferimento al minore di anni diciotto, cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea o apolide, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili.
Secondo l’ordinamento italiano la tutela e la protezione dei minori stranieri non accompagnati sono assicurate da molteplici disposizioni, tra le quali principalmente il Testo unico in materia di immigrazione – D.Lgs. n. 286/1998, il relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 394/1999); il regolamento 535/1999 concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, le cui competenze dal 2012 sono state trasferite alla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il D. Lgs 142/2015 riguardante le norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. In Italia vi è una specifica norma di regolamento per i MSNA: la legge Zampa del 2017. Essa introduce esplicitamente il divieto assoluto di respingimento alla frontiera dei minori, riconoscendogli anche il permesso di soggiorno.
MSNA in Italia
Con una media di 15mila presenze annue, gli MSNA , non sono mai nati i centri governativi di prima accoglienza previsti dalla legge e anche i Centri di Accoglienza Straordinaria, che dovrebbero rappresentare la soluzione di ultima istanza, contavano al 31 dicembre 2021 soltanto 519 posti. Guardando al trend relativo ai posti finanziati nei CAS dal 2018 al 2021, appare evidente che l’intento di distribuire i minorenni sull’intero territorio nazionale al loro arrivo è stato via via disatteso, sino a concentrare in Sicilia e in Calabria la quasi totalità dei CAS minori attivi a fine 2021.
Storie diverse l’una dall’altra, accomunate da viaggi impegnativi, spesso dolorosi, di attraversamento di frontiere, violenze, rapimenti, che nessun giovane dovrebbe conoscere mai, ma anche caratterizzate da forte determinazione, speranza e tenacia. Storie di viaggi, purtroppo spesso con esito letale, come ricorda il rapporto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM) secondo il quale, da inizio gennaio 2021 a fine ottobre 2022, 2.836 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo Centrale, tra le coste africane e l’Italia, molti di loro bambini, anche piccolissimi, come le quattro vittime giunte a Lampedusa a fine ottobre, tutte sotto l’anno di età. Entrare nell’Unione europea continua a essere una macabra lotteria, resa ancora più preoccupante dai quasi 100mila rintracci e ritorni forzati di adulti e minori effettuati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica dal 2017 in poi per effetto del Memorandum Italia-Libia, rinnovato automaticamente il 2 novembre 2022.
Le difficoltà nell’accoglienza
Nei centri di prima accoglienza si hanno situazioni di grave sovraffollamento, luoghi di primo sbarco dove si fatica persino a garantire pannolini, cibo adeguato e cure mediche ai bambini, in un continuo clima di tensione o ancora centri dove l’alto numero e turnover di adolescenti non consente di garanti-re alcuna progettualità di medio-lungo periodo.
Negli ultimi anni, il numero delle strutture dedicate alla prima accoglienza dei minori si è notevolmente ridotto, con un conseguente prolungamento della permanenza presso gli hotspot o, addirittura, in strutture temporaneamente dedicate allo scopo presso le aree di sbarco. Il Cara di Crotone, gli hotspot di Pozzallo e Lampedusa a causa del sovraffollamento, della promiscuità, delle condizioni igienico-sanitarie precarie, risultano luoghi totalmente inadeguati e non sicuri, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori soli e le giovani donne reduci da viaggi terribili.
La permanenza presso le strutture di primo livello si protrae in molti casi ben oltre i 30 giorni previsti per legge, prima di accedere alle comunità. Questa dilatazione dei tempi genera molte difficoltà per i minori costretti a vivere un periodo percepito come ‘perso’, come in un limbo, prima di poter andare a scuola o parlare con il loro tutore, tutte cose a cui avrebbero diritto. Per questo motivo, così come per i lunghi tempi dei ricongiungimenti familiari in altri Paesi europei, molti minori decidono di allontanarsi autonomamente dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere altre città o altri Paesi, rimanendo “nascosti in piena vista”.
Maggiori rischi per le ragazze
Sono poi da considerare i rischi aggiuntivi ai quali sono esposte le ragazze. Il 31 dicembre 2022 erano 2.988 le ragazze minorenni arrivate da sole accolte nei centri di accoglienza. “Per loro in particolare c’è il rischio che gli allontanamenti siano “forzati” e legati al circuito dello sfruttamento sessuale e che quelli “spontanei” ricadano in tale circuito. Costa d’Avorio e Nigeria sono i Paesi africani maggiormente coinvolti in questo terribile fenomeno.