Niente leggi speciali, prevenzione attiva, militarizzazione degli atenei. Nessun blocco delle collaborazioni internazionali, forse qualche pausa qui e là, nella totale autonomia, di bandi specifici. Dialogo, gestione interna delle proteste e, se ci sono casi di intolleranza, nessuna cancellazione degli eventi contestati, vanno avanti a tutti i costi, anche online, perché “l’agenza delle università non la decide chi protesta”.
Alla fine, gli 85 rettori riuniti ieri mattina nella sede della Crui hanno concordato su un documento di “Buone prassi per affrontare nelle università italiane le tematiche delle crisi internazionali e umanitarie” redatto da quattro di loro: Tomaso Montanari dell’università per stranieri di Siena, Francesco Bonini della Lumsa di Roma, Tiziana Lippiello della Ca’ Foscari di Venezia e Roberto Tottoli dell’Orientale di Napoli.
C’era chi come Edoardo Alesse, rettore dell’Aquila, era “assolutamente contrario al pugno duro” perché “le proteste degli studenti sono più che legittime, ci sono sempre state, vanno tollerate, comprese, valutate”. E chi come Antonella Polimeni alla Sapienza di Roma si è trovata davanti contestazioni più accese e ha scelto di proteggere il rettorato con gli uomini della Digos e di dialogare solo con i rappresentanti degli studenti, non con i collettivi che dormono nelle tende sul pratone dell’ateneo e da due giorni sono in sciopero della fame contro la guerra. La Questura ne ha denunciati 32 per le azioni delle ultime settimane.
Vanno garantite pluralità dibattito, critica e dissenso
La linea di sintesi dei rettori stabilisce che vanno organizzati eventi in cui sia garantita la pluralità, ma anche il dibattito, la critica e il dissenso, senza dunque blindarli, e che in caso di interruzioni si pensi a svolgerli online; che si risponda alle contestazioni non diminuendo le occasioni di confronto ma al contrario aprendole alla cittadinanza e dedicandole ai temi controversi; che la responsabilità organizzativa sia del personale universitario e non di soggetti esterni; e che si comunichino con chiarezza all’esterno la natura e la politica culturale degli eventi.
Diplomazia scientifica come strumento di pace
Tra le altre proposte, si legge, gli atenei si impegnano a promuovere l’uso della diplomazia scientifica come strumento di pace; a sostenere i progetti di Scholars at Risk e di accoglienza di ricercatori e studenti provenienti dai Paesi interessati dalla crisi; a organizzare eventi nazionali sulla pace e incontri pubblici con esponenti organizzazioni umanitarie e della società civile che operano nelle zone di guerra; a promuovere linee di ricerca per la trasformazione non violenta dei conflitti; a indire, per il prossimo 20 marzo, una sorta di Giornata della pace dentro le università.
Il senso dell’accordo lo spiega bene la rettrice di Milano-Bicocca e presidente della Crui, Giovanna Iannantuoni: “Non c’è nessun blocco da parte degli atenei italiani nei rapporti scientifici esistenti con le università israeliane. Alcuni Senati accademici hanno votato per la pausa di singoli bandi. Noi siamo e rimaniamo aperti a collaborare con tutti. Gli studenti però protestano per qualcosa di giusto: la pace. La mobilitazione deve farci riflettere e questa richiesta non può rimanere inascoltata. Non si deve però mai superare il confine della violenza. Noi rettori siamo 85, tutti diversi e ognuno agisce secondo la propria autonomia, ma siamo assolutamente in grado di gestire le mobilitazioni, non servono leggi speciali sulla sicurezza né azioni preventive, dobbiamo abbassare i toni e non essere un ulteriore elemento di radicalizzazione”.
Il 24 aprile, alla vigilia della Liberazione che verrà quest’anno caratterizzata anche dalle proteste per Gaza, il Viminale ha convocato un comitato per l’ordine e la sicurezza a cui parteciperà anche la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. Che ieri in audizione al Senato ha ribadito: “Noi non accettiamo che vengano accesi fuochi, avremo sempre in mano l’acqua. Mai militarizzazione nelle università ma mai lassismo. Per poter protestare bisogna saper ascoltare. Sì alla contestazione ma no alla violenza“.
Il senatore di Fdi Marco Scurria ha proposto che la Commissione straordinaria intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza vada in tour negli atenei dove si è accesa la rivolta. “Bello ma utopico”, commenta, amareggiata, Liliana Segre, contestata dai movimenti palestinesi. E Bernini: “Magari invece ci riusciamo”.