“De-escalation” è questa la parola d’ordine del G7 che si è tenuto a Capri, alla presenza dei ministri degli Esteri dei sette Paesi, guidati da Antonio Tajani. Due giorni intensi in cui Ucraina, Palestina e Cina sono state discusse approfonditamente alla ricerca di una soluzione che in qualche modo possa mantenere la pace in Europa, Medio Oriente e nel resto del mondo. “Vogliamo spegnere il fuoco” ha sintetizzato Tajani, riferendosi a tutte le zone calde che in questo momento preoccupano l’Occidente.
Nella notte, tra il primo e il secondo giorno del vertice, Israele ha nuovamente attaccato l’Iran. Un raid che non ha sorpreso nessuno, visti anche i numerosi messaggi di vendetta che i due Paesi si erano scambiati negli ultimi giorni. I Paesi del G7 hanno cercato di dissuadere Israele dall’attaccare, proponendo anche un attacco in qualche modo “limitato“. Sembrerebbe che lo Stato ebraico abbia seguito il consiglio a metà, decidendo comunque per la rappresaglia nei confronti dell’Iran, ma mettendola in atto con una modalità piuttosto “moscia“, per usare le parole di Itamur Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale di Israele.
Antonio Tajani avrebbe voluto leggere una nota di critica nei confronti delle azioni israeliane, ma gli altri ministri presenti hanno spinto per evitare, proprio alla luce della risposta soft lanciata da Israele. Al centro del tavolo, poi, la questione dei rapporti tra Cina e Russia, così come il problema dell’invio di armi e aiuti economici all’Ucraina di Zelensky, che continua a subire le ritorsioni della guerra, in attesa degli aiuti occidentali.
Al G7 il nodo della guerra in Medio Oriente
Il conflitto in Medio Oriente preoccupa enormemente l’Occidente, che si trova a dover gestire contrasti complessi e dalla risoluzione non ancora chiara. Israele ha già ricordato più volte che “prenderà da sola le proprie decisioni“, ignorando quasi del tutto i moniti di Usa e Europa. L’Iran è pronto a dimostrare la sua forza, anche se gli attacchi verso Israele risultano per lo più infruttuosi. Nel mezzo rimane il gravissimo problema palestinese, con una popolazione che non muore più solo per raid e attacchi, ma anche per malattie e per fame.
La mediazione tra i due Paesi diventa sempre più complessa, in particolare per quanto riguarda lo scambio degli ostaggi e il cessate il fuoco. Una delle questioni di importanza maggiore è però rappresentata dall’offensiva contro Rafah, ovvero il piano di Israele per liberare definitivamente la Palestina da Hamas. Un’operazione che si preannuncia catastrofica, in particolare per tutti coloro che in fuga dalla Striscia di Gaza hanno trovato rifugio a Rafah.
Ora, l’attacco che nella notte ha colpito una base militare filo-iraniana in Iraq preoccupa ancora di più. Israele non ha rivendicato l’attacco e gli Usa hanno dichiarato di essere estranei alla vicenda. L’esercito iracheno ha però dichiarato di aver inviato una serie di droni contro Eliat, città in Israele.
Zelensky chiede più aiuti al G7
Se Israele è riuscita ad oscurare ogni altro conflitto sulla carta geografica, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a premere sull’Europa e sugli Usa per ottenere più armi e più aiuti. Oggi è previsto al Congresso di Washington il voto su un nuovo pacchetto di aiuti dal valore di 61 miliardi di dollari. Il segretario di Stato Anthony Blinken ha voluto sottolineare: “Putin pensa di poter far perdere la pazienza a chi sostiene Kiev, ma non succederà“.
Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, era presente ieri a Capri e avrebbe parlato con Tajani degli aiuti che l’Italia potrebbe fornire al suo Paese. Il ministro degli Esteri ha quindi interpellato Guido Crosetto, ministro della Difesa, il quale avrebbe sostenuto che l’Italia possiede cinque batterie di Samp-T, una delle quali già presente in Ucraina. Tre sarebbero impiegate all’estero e la restante è a difesa del territorio italiano. “Faremo il possibile per la protezione aerea dell’Ucraina, vediamo che si può fare” ha dichiarato Tajani, tagliando corto la questione.
Un problema da non sottovalutare, però, è il ruolo della Cina che, come ha evidenziato Blinken “si presenta con una relazione amichevole con i Paesi europei e allo stesso tempo dà carburante alla più grande minaccia alla sicurezza europea dalla Seconda Guerra mondiale”. Gli Usa hanno quindi lanciato un monito al Paese asiatico, che deve decidere da che parte stare e soprattutto rimanerci.