Gli impegni assunti con gli Stati Uniti in occasione dell’incontro con Donald Trump, le strategie del governo per ridurre i costi delle bollette, la politica industriale, le spese militari e le riforme da realizzare, ma anche guerra in Medio Oriente, lavoro, salario minimo, legge elettorale e referendum. Tanti i temi con cui Giuseppe Conte torna alla ribalta per concedersi qualche stoccata a Giorgia Meloni.
In vista delle interrogazioni delle opposizioni al Presidente del Consiglio, in occasione del premier time di mercoledì al Senato, il leader pentastellato tasta il terreno concentrandosi sugli esiti del bilaterale alla Casa Bianca e domandando “quali iniziative di carattere strutturale il Governo intende adottare per rilanciare gli investimenti e il rafforzamento della produzione industriale in Italia” e se, a tal fine, non ritenga opportuno riproporre il modello virtuoso rappresentato dal Piano Transizione 4.0.
Leggi Anche
I senatori del M5s vorrebbero poi chiedere lumi sugli impegni che l’esecutivo intende assumere sull’incremento della spesa militare italiana “e attraverso quali risorse strumenti e procedure contabili intenda perseguire tale obiettivo” e se ritenga di confermare che il nostro Paese non farà ricorso in alcun modo alla proposta avanzata dal Commissario Europeo, Raffaele Fitto, di utilizzare le risorse del Fondo di coesione per finanziare le spese militari.
La guerra in Medio Oriente risolta da Conte
Così, in attesa del duello stile western Meloni-opposizioni, Giuseppe Conte è netto e spara a zero parlando ai giornalisti a Roma. “Abbiamo l’obbligo morale di intervenire per fermare il governo criminale di Netanyahu, responsabile di oltre 50.000 palestinesi uccisi, responsabile di affamarli“, esordisce l’ex premier in merito all’ultima dichiarata intenzione israeliana circa una “massiccia invasione di Gaza“. Di fronte questo “governo criminale“, Conte ritiene che “l’Europa balbetta e il governo Meloni addirittura stringe le mani insanguinate del governo di Netanyahu“.
E sente il dovere di intervenire per fermarli, con “fatti concreti“, come sanzioni diplomatiche, economiche, totale embrago delle armi e un’idea più ambiziosa, il riconoscimento della Palestina.
Salario minimo, referendum e legge elettorale
Una serie di soluzioni che sembrano attuabili nell’immediato in confronto a ciò che Conte si trova a far fronte sul territorio nazionale. Citando un sondaggio del Sole 24 ore che rileva che oltre la metà dei cittadini italiani ha ridotto i consumi, oltre la metà dei cittadini ritiene che gli stipendi e le pensioni siano inadeguate, il leader pentastellato si sofferma sul fatto che “solo Meloni è rimasta convinta che tutto stia andando bene“.
Quando, in realtà a detta di Conte, i cittadini avrebbero bisogno di interventi urgenti e soprattutto nell’approvare quanto prima il salario minimo legale che l’esecutivo, invece, “assolutamente non vuole per stipendi da fame che arrivano a toccare anche 3 milioni e mezzo, quasi 4 milioni di cittadini sottopagati“.
Poi, i giornalisti fanno saltare fuori l’agognato referendum fissato in calendario all’8 e 9 giugno in merito al quale mancava all’appello un parere dell’ex premier circa l’invito di FdI e FI a disertare le urne, che ha scatenato lo scontro sul non voto. il leader 5s è netto e senza sbavature scandisce che “quando i politici, addirittura responsabili di governo, invitano i cittadini a non votare è segno che vogliono aggravare la situazione della nostra già malmessa democrazia. Vogliamo che i cittadini si esprimano“.
Oggi c’è stato anche un seguito al dibattito attorno a una possibile riforma della legge elettorale attorno a cui, secondo indiscrezioni, sarebbe già in corso un confronto tra maggioranza e opposizioni. Sia Schlein che Conte smentiscono. “Non c’è stato nessun contatto“, dice la segretaria del Pd ai cronisti.
Anche il leader 5 Stelle frena: “Il M5s disposto a discutere della legge elettorale con la maggioranza? Lo leggiamo dai giornali, non c’è nessuna proposta, quindi quando sarà e se ci sarà questa disponibilità noi valuteremo”. Del resto, tra le opposizioni non c’è alcuna voglia di dare sponda a una questione che si ritiene sollevata ad arte per spegnere i riflettori su temi più urgenti e concreti e più spinosi per la premier Meloni, come i salari bassi.
© Riproduzione riservata