Il governo ha inviato alla Corte penale internazionale la memoria difensiva sulla mancata
consegna di Njiiem Almasri. Precedentemente era stata accordata una proroga, che rimandava la consegna, inizialmente fissata per il 17 marzo, al 22 aprile: lunedì, infine, l’ultima richiesta d’invio da parte del tribunale dell’Aja, andata a buon fine con l’invio del materiale in formato digitale.
Caso Almasri: quali sono le accuse a carico dell’Italia
I documenti oggi nelle mani degli uffici della Cpi riassumono la posizione del governo italiano del caso del trafficante libico, arrestato e rimpatriato lo scorso gennaio. Le accuse dei giudici dell’Aja nei confronti dell’Italia sono particolarmente gravi: in particolare, non sarebbe stato eseguito il mandato d’arresto, Almasri non sarebbe stato perquisito né gli sarebbero stati confiscati i dispositivi, e infine il rimpatrio a Tripoli, a bordo di un aereo dell’intelligence, sarebbe stato pagato con denaro pubblico.
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Nel documento inviato alla CPI, il governo italiano avrebbe ribadito quanto già affermato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio durante un’audizione parlamentare a febbraio. Nordio aveva sostenuto che l’arresto del generale libico – accusato di crimini contro l’umanità – era avvenuto senza un coordinamento preventivo con il suo dicastero, violando così la legge italiana.
In particolare, il ministro aveva definito il mandato della CPI “radicalmente nullo” a causa di “gravissime anomalie” procedurali. Secondo la legge 237 del 2012, infatti, il ministero della Giustizia è l’unico responsabile della cooperazione tra Italia e CPI, ma in questo caso sarebbe stato tagliato fuori fin dall’inizio.
Le tempistiche contestate e la scarcerazione
Nordio aveva ricostruito i fatti con precisione: Almasri era stato arrestato a Torino alle 9:30 del 19 gennaio, ma il ministero era stato informato solo alle 12:37 da un funzionario Interpol. La documentazione completa era arrivata il giorno dopo, e solo alle 13:57 l’ambasciatore italiano all’Aja aveva inoltrato la richiesta ufficiale di arresto.
Il ministro aveva sottolineato che la comunicazione della questura era pervenuta “a arresto già effettuato“, senza che la CPI avesse precedentemente notificato la richiesta di estradizione. Intanto, mentre il ministero valutava la situazione, la Corte d’Appello di Roma aveva disposto la scarcerazione di Almasri, rilevando delle “irritualità” nell’arresto per mancato coinvolgimento del Guardasigilli.
La difesa dell’Italia e il prossimo passo della CPI
Nordio aveva respinto ogni accusa di negligenza, sostenendo che il mandato della CPI presentava criticità tali da rendere impossibile un’immediata esecuzione. La Corte, dal canto suo, aveva assicurato di aver avviato un dialogo con le autorità italiane per garantire il rispetto delle procedure.
Ora la palla passa ai giudici dell’Aja, che dovranno valutare la memoria difensiva italiana. Se non la riterranno convincente, potrebbero deferire il caso all’Assemblea degli Stati parte della CPI o persino al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La decisione avrà importanti ripercussioni non solo sul piano giuridico, ma anche su quello delle relazioni internazionali dell’Italia.
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