Ultima serata per il programma targato Fazio e Littizzetto alla Rai. L’addio al servizio pubblico
“Cara Rai, restiamo amici, chissà, magari un giorno ci ritroveremo, spero in un’Italia un po’ diversa… un’Italia dove la libertà sia preservata, e dove il dissenso sia sempre leale. Un’Italia dove chi fa il ministro non abbia paura di chi fa il saltimbanco. E infine cara Rai. Non dimenticarti mai che il Servizio pubblico è di tutti. Di quelli che la pensano come chi governa, ma anche di quelli che pensano il contrario. E persino di quelli che non sono andati a votare. Di chi va e di chi resta. Di tutti. Di più”. Queste appassionate parole sono state, ieri sera, il testamento spirituale di Luciana Littizzetto alla Tv di Stato dopo la scelta di seguire Fabio Fazio nella nuova, milionaria avventura di Discovery sul canale 9. Ma qualcosa non torna, prima di tutto perché Lucianina (come la chiama affettuosamente Fabio) non è stata messa alla porta da nessuno, ma ha legittimamente scelto di andarsene dopo anni e anni in cui la Rai – con governi di ogni colore – le ha dato modo di dire ironicamente la sua – sempre e comunque dalla stessa parte, ossia a sinistra. Ora dunque ammantare questa scelta di alti significati costituzionali, come la libertà di espressione, è una postura strumentale che senza volerlo fa proprio sorridere. A proposito del “Servizio pubblico che è di tutti”, la serata conclusiva di “Che tempo che fa” è stata un trionfo di pluralismo televisivo: Fazio ha infatti convocato per il gran finale la vicedirettrice de La Stampa, Annalisa Cuzzocrea, Marco Damilano, Ferruccio De Bortoli e Michele Serra, un parterre de roi del progressismo radical chic che ha intonato una sorta di de profundis per la Rai vedova di Fabio e, fra le righe, sui rischi per una democrazia orba di tanto spiro.
Che Fazio sia un grande professionista è fuori discussione – ieri ha chiuso con un colpo magistrale, l’intervista in studio ad Anthony Hopkins, ma è altrettanto vero che i suoi programmi sono sempre stati caratterizzati da uno strabismo genetico che ha diviso il mondo tra il bene (la sinistra) e il male (la destra), con un indubitabile sbilanciamento politico che non gli ha impedito di occupare la prima serata della domenica in tutti e tre i canali Rai. Insomma, se a Salvini è sfuggito un inopportuno “Belli ciao”, qualche ragione ce l’aveva. In venti anni, “Che tempo che fa” non ha mai neppure voluto dare l’apparenza di tenere una linea equilibrata, come si converrebbe a chi si riempie la bocca di “servizio pubblico”: tutti gli ospiti fissi, a partire da Saviano a Giannini, hanno sempre sparato a senso unico su una sola parte politica, senza contraddittorio. Uno dei tanti episodi da ricordare è il referendum sulla giustizia, con l’intera Rai del tutto incapace di fare servizio pubblico preferendo insabbiare il dibattito anziché spiegare il significato e la portata dei quesiti agli italiani. Anche in quell’occasione, il duo Fazio-Littizzetto si distinse per faziosità: Lucianina infatti, dimentica di parlare sulla tv di Stato, si autoproclamò madrina dei week-end fuori porta invitando gli elettori ad andare al mare non tanto per far girare l’economia dopo due anni di lockdown ma al solo fine di disertare le urne. Raccomandazione molto poco commendevole,
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L’esodo in corso dalla Rai non ha nulla di scandaloso, a meno che non sia intriso di un vittimismo totalmente fuori luogo. Questo vale per Fazio (che ha furbescamente lasciato alla Littizzetto il ruolo di guastatrice ritagliando per sé un atteggiamento quasi atarattico) che per Lucia Annunziata: lui si è limitato a dire di non essere un uomo per tutte le stagioni, anche se quarant’anni di Rai direbbero il contrario, mentre lei ha usato un termine (prigioniera politica) inappropriato, sguaiato e anche scellerato per ciò che ha evocato. Quando c’è un governo che non ti piace e, soprattutto, quando la Rai ti permette di fare il tuo mestiere (Mezz’ora in più era appena stata confermata), atteggiarsi a vittima e sbattere la porta è sicuramente legittimo, ma anche una chiara scelta politica. Il pluralismo non c’entra nulla.
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