Realtà ai confini del mondo. Spesso protagonista di fatti di cronaca nera, Scampia definita la Vela per il tipico aspetto, è una realtà caratterizzata da un profondo degrado dietro cui si nascondono insidie. Caratteristiche che è impossibile non notare se ci addentra in questa località napoletana. In questo gigantesco blocco di cemento vivono persone che sperano in una riqualificazione dell’area perché è facile trovare, il terreno scosceso, la rampa d’accesso divisa in due da fessure tenuto in piedi da un ferro arrugginito. Una situazione che è lontana dal concetto di sicurezza di cui spesso ci si dimentica o si va solo a sentenziare per fare la lista dei buoni e dei cattivi.
Ruggine e blocchi di cemento
L’elemento principale che salta all’occhio è la quantità di ruggine. Oltre a immensi blocchi di cemento che sono collegati insieme da passerelle messe li per rievocare, secondo l’autore l’architetto Francesco Di Salvo, i vicoli di Napoli. Spettacolo apparentemente diverso. Una nota a favore sono gli appartamenti, al cui interno sono curati ognuno a modo suo secondo il criterio del fai da te, privato di ogni regola. Perché in questa micro comunità autogestita il singolo mette in ordine la sua abitazione passando per il fuori, addirittura arrivando ad autotassarsi per i servizi idrici e per la ristrutturazione degli spazi comuni. Il tutto come espediente per risolvere momentaneamente i problemi apparenti.
Leggi Anche
In attesa delle autorità
Sembra impossibile eppure in questo palazzo ci vivono persone, tante, come noi, anche con bambini, come i nostri, che aspettano noi. Facce troppo spesso ignorate che vogliono essere considerate per poter voltare pagina e ricominciare una nuova vita, proprio come era in progetto con Restart Scampia. Attraverso cui era stato deciso di cambiare l’aspetto all’edificio. Il piano prevedeva la consegna di appartamenti nuovi, di cui 2000 già assegnati mentre i restanti sono in attesa di tempistiche lente. Le polemiche non mancano per parole non ascoltate. In queste situazioni precarie per non piangere altri morti siamo tutti in attesa delle autorità perché alcuni aspettano dal 1994.
© Riproduzione riservata