Elisa ha 20 anni. Ne compie 21 il 7 giugno, alla vigilia delle elezioni europee. Elisa è una ragazza con disabilità intellettiva riconosciuta come C02 e quando è diventata maggiorenne le è arrivata a casa la tessera elettorale. A lei, come a tanti altri con la stessa disabilità. Sì, perché anche Elisa può votare, e lo farà il prossimo 8 e 9 giugno per le elezioni del Parlamento europeo sebbene non abbia ancora chiare le modalità con le quali potrà esercitare il proprio diritto. La mamma è in apprensione poiché le disposizioni normative hanno tralasciato qualsivoglia chiarezza. Nella loro stessa situazione ci sono altrettante famiglie che si pongono le medesime domande: “Posso accompagnarla?“, “Come le spiego come si chiude la scheda elettorale?”, oppure “Quali documenti le devo far portare?”.
Il futuro dell’Europa dipende da tutti i cittadini italiani. Tutti, nessuno escluso. Il diritto di voto è riconosciuto dall’articolo 48 della Costituzione Italiana ed è qualificato come personale, eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico ma spesso ci si dimentica, o si da per scontato, il potere che ciascun cittadino ha nell’essere, appunto, cittadino.
Il prender parte alla vita politica costituisce un elemento centrale per tutti coloro che vivono in una società democratica. Il diritto alla partecipazione politica, anche per le persone con disabilità, è saldamente radicato nel diritto internazionale e fissato dalle Nazioni Unite nella Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), negli strumenti del Consiglio d’Europa e nel diritto primario e secondario dell’Unione Europea. Anche queste elezioni rappresentano un momento di riflessione su norme che non disciplinano con estrema chiarezza la partecipazione alle urne di persone con determinate disabilità.
Europee e disabilità: le istituzioni latitano
In Italia sono moltissime le famiglie con persone disabili che vengono lasciate sole. L’ignoranza sulle modalità e la possibilità di recarsi alle urne sono il frutto di una mancata chiarezza da parte delle istituzioni. Di fatto, secondo la regola generale, tutti i cittadini dovrebbero poter esercitare il loro diritto di voto: anche chi è affetto da disabilità intellettiva. Sono sempre di più le famiglie che non sanno che anche le persone con disabilità possono esercitare il diritto di voto. Alcuni, invece, accompagnano i loro familiari ai seggi per votare ed entrano con loro nella cabina elettorale.
Anche il gesto di accompagnare fisicamente l’elettore all’interno della cabina elettorale – salvo che per impedimenti fisici, quali cecità, amputati delle mani, gli affetti da paralisi o da altro impedimento di analoga gravità – è contro la legge. Per questo motivo vi sono numerose associazioni come l’AIPD – l’Associazione Italiana Persone Dawn – che si mobilitano al fine di preparare le persone con disabilità cognitiva ad affrontare la procedura del voto.
Francesco Cadelano, pedagogista dell’Aipd, ci ha spiegato: “Le istituzioni non aiutano le persone con disabilità a comprendere le modalità del voto: dall’aprire la scheda elettorale al chiuderla, come entrare all’interno del seggio, il non mettere le schede una sopra l’altra. Per superare queste difficoltà l’associazione ha organizzato dei lavori strutturati ed efficaci per l’educazione politica al fine di insegnare ai ragazzi come votare“.
Europee e disabilità: rinunciare al voto
Il gap offerto dalla politica italiana sul diritto di voto per le persone con disabilità è molto vasto. Le disposizioni normative sono irrisorie davanti ai dubbi che assalgono molte famiglie e spesso sono proprio queste ultime a far rinunciare i propri parenti ad andare a votare. “Il vero cambiamento non sta partendo dalle istituzioni, ma parte dalle persone che hanno disabilità e che esprimono il desiderio di andare alle urne. Sono loro stessi i protagonisti del progresso quando si rendono conto che sono importanti, essere parte di qualcosa, della comunità” ha poi aggiunto Cadelano.
“Nella società molto spesso i ragazzi con disabilità si sentono esclusi – continua Cadelano – Il loro voto conta non solo a livello numerico, ma ha importanza anche quando si sentono cittadini a tutti gli effetti, parte integrante di una comunità“. Per questo motivo associazioni come l’AIPD organizzano delle vere e proprie simulazioni di voto con i ragazzi.
Davanti a tutte queste consapevolezze, sorge spontanea la domanda: “Siamo davvero tutti uguali?“. Ebbene, non è possibile dare una risposta positiva. Le istituzioni lasciano il tempo che trovano ed uno dei principi costituzionali, come il diritto al voto, non è ancora pienamente soddisfatto. Ciascun italiano ha il diritto e il dovere di sentirsi tale, esprimere al meglio la propria persona nonostante le differenze che si hanno gli uni con gli altri e, per farlo, occorre aprire bene gli occhi ed accogliere un futuro che guardi la diversità come bellezza.