L’Ungheria guidata da Viktor Orbán ha appena votato l’uscita dalla Corte Penale Internazionale. “Con questa decisione, ci rifiutiamo di far parte di un’istituzione politicizzata che ha perso la sua imparzialità e credibilità” Ha scritto su X il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó.
Un passo determinante per l’assemblea ungherese e che potrebbe segnare un punto critico negli equilibri con l’Europa, ma in Italia qualcuno già sostiene. In post su X pubblicato dal vicepremier leghista Matteo Salvini si legge: “Scelta di giustizia e libertà, di sovranità e coraggio“.
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Sulla questione si è poi espresso il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, sottolineando che l’Italia non ha intenzione di abbandonare la Corte penale internazionale. “Quella di Salvini è la sua opinione, la mia è differente ma non è che devo commentare tutto“, ha sostenuto, aggiungendo poi che vi è un’enorme differenza tra l’esprimere un’opinione e poi prendere una decisione sull’uscita dalla Cpi.
Chi si è ritirato dalla Cpi e come funziona
Il trattato istitutivo della CPI è conosciuto come statuto di Roma ed è stato firmato dall’Ungheria nel 1999 e ratificato durante il primo mandato di Orbán. Molti sono stati a scandalizzarsi per la decisione, ma non sarebbe l’unico Stato a esserne fuori: Burundi e Filippine hanno lasciato la Cpi, mentre Stati Uniti, Cina e Turchia non ne hanno mai fatto parte.
Il ritiro ha effetto un anno dopo la notifica ricevuta dall’Ufficio dei trattati delle Nazioni Unite a New York ed è fondamentale per l’attuazione che il ritiro non incida sugli attuali obblighi giuridici dell’Ungheria in quanto stato membro. E’ compreso l’obiligo di arrestare tutte le persone oggetto di mandati di arresto della Cpi e di cooperare pienamente alle indagini in corso.
Gli antefatti e il sostegno a Benjamin Netanyahu
Ad annunciare la decisione è stato il ministro Gergely Gulyás lo scorso 3 aprile. Il motivo alla base è che “negli ultimi tempi è diventata un organismo politico, e l’incriminazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ne è l’esempio più triste” ha detto Gulyas durante la conferenza stampa. “Uno stato democratico non può farne parte“, ha concluso.
L’annuncio dell’uscita dalla CPI è strettamente legato alla visita a Budapest di Netanyahu, nei cui confronti la Cpi ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità.
A sostenere il primo ministro di Israele non è stata solo L’Ungheria, ma anche gli Stati Uniti guidati da Trump Donald Trump, che a febbraio scorso ha imposto sanzioni alla Corte per quelle che ha definito “azioni illegittime e infondate contro l’America e il suo stretto alleato Israele“. Inoltre, l’Ungheria si è dichiarata favorevole alla “riviera di Gaza” proposta dal presidente USA. Altri Stati, come la Germania e la Polonia, hanno garantito l’immunità al primo ministro israeliano nel caso in cui si dovesse recare nei rispettivi Paesi.
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