Continuano i corteggiamenti del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump a Canada e canadesi per l’annessione del loro territorio agli Usa E quale occasione mai più fertile delle elezioni per scegliere il nuovo governo in corso oggi nello Stato della foglia d’acero? Rilanciando la sua proposta di trasformarlo nella “51esima stella statunitense“, il tycoon su X non usa mezzi termini e con un “Basta con le linee tracciate artificialmente tanti anni fa“, immagina quanto “sarebbe bella questa massa di terra” unificata.
E così augurando buona fortuna al popolo canadese, Trump suggerisce di eleggere “l’uomo che ha la forza e la saggezza di dimezzare le vostre tasse, aumentare gratuitamente il vostro potere militare al livello più alto al mondo, quadruplicare la produzione delle vostre auto, acciaio, alluminio, legname, energia e di tutte le altre attività, senza dazi o tasse“. Certo, tutto questo sarebbe possibile se il Canada diventasse il tanto “amato 51/mo Stato degli Stati Uniti d’America“.
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Quindi, in libero accesso e senza confini, dove rimarrebbero solo le cose positive senza quelle negative, il tycoon fa leva sulla sensibilità del popolo canadese affinché voti un candidato che possa accettare le sue avances. Nel caso, secondo Trump “era destino!“. Anche perché, come avverte l’inquilino della Casa Bianca, l’America non può più sovvenzionare il Canada con le “centinaia di miliardi di dollari all’anno” che ha già speso in passato.
L’insistenza del Presidente Usa non è stata però apprezzata dal leader conservatore canadese, Pierre Poilievre, che ha intimato Donald Trump di “non intromettersi nelle elezioni“. Poilievre, nell’ultimo anno, ha sorvolato la vetta dei sondaggi politici, a gennaio era addirittura in vantaggio di 24 punti grazie ai duri attacchi manifestati con l’ex premier Justin Trudeau, al quale attribuiva la colpa del crescente costo della vita, l’eccessiva immigrazione e una discutibile tassa sulle emissioni.
Poi però, le continue istigazioni di Trump unite alle dimissioni del premier liberal a marzo, hanno cambiato le carte in tavola, mettendo in difficoltà i conservatori che presentavano piani simili a quelli del tycoon in merito a immigrazione e sicurezza. La reazione di Poilievre, quindi, potrebbe essere del tutto giustificata andando ad identificare il timore del leader conservatore per l’influenza del Presidente statunitense sull’esito delle elezioni.
Le tentazioni di Trump
I primi corteggiamenti da pavone risalgono all’incontro con l’allora premier canadese Trudeau a Mar-a-Lago nel dicembre scorso. In quella sede, nel mezzo della discussione sui dazi che Trump avrebbe imposto da lì a poco, con l’intenzione di alzare tali tariffe del 25% ai canadesi, il Presidente statunitense aveva espresso il desiderio di annettere il Paese agli Stati Uniti.
Quasi in una sorta di offerta che non avrebbe potuto rifiutare, il tycoon ha evidenziato a Trudeau l’alternativa nel caso in cui il Canada non sarebbe riuscita a sopportare la guerra dei dazi. Nell’ipotetico caso di ingresso di un cinquantunesimo Stato, in realtà ci sarebbe qualcuno che vanterebbe la precedenza e sarebbe il Porto Rico. Nell’isola caraibica si sono tenuti vari referendum consultivi proprio in merito ad uno scenario di questo tipo.
E gli ultimi due risalgono al 2012 e al 2017 con percentuali di voto a favore dell’ingresso negli Usa al 61 e al 97%, considerando però una bassissima percentuale di votanti. La decisione finale spetterebbe comunque al Congresso americano, che di certo potrebbe essere poco entusiasta nel concedere la stessa a un Paese dove la lingua ufficiale è lo spagnolo.
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