Siamo in un momento decisivo per comprendere come evolverà la situazione in Ucraina e quali potranno essere gli accordi di pace con la Russia. A dichiararlo è il segretario di Stato della Casa Bianca Marco Rubio, che ha voluto sottolineare, in un colloquio avuto con il ministro degli Esteri Lavrov, come gli Stati Uniti continueranno a lavorare per la pace, ma soltanto se ci saranno “proposte concrete” da parte di Kiev e di Mosca.
Ancora una volta Washington minaccia di tirarsi indietro dal suo ruolo di mediazione in una guerra in cui le prospettive di risoluzione faticano a concretizzarsi. Già alcuni giorni fa Rubio aveva minacciato un disimpegno da parte degli Usa nei negoziati per l’Ucraina sottolineando in modo molto chiaro che “gli Stati Uniti hanno altre priorità“.
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Dopo l’ultimo incontro con Lavrov, la portavoce del dipartimento di Stato, Tammy Bruce è tornata a ripetere: “è necessario che proposte concrete su come mettere fine al conflitto siano presentate dalle parti: se non ci saranno progressi, noi ci ritireremo dal ruolo di mediatori in questo processo“.
Ucraina, Trump: “E’ grazie a me che Putin non ha preso tutto il Paese”
La guerra continua a imperversare, con diverse operazioni russe nella regione di Sumy e del Donetsk, dove Mosca tenta di consolidare la propria presenza mentre procedono i colloqui per le trattative. Le proposte di negoziati avanzate finora con la mediazione degli Stati Uniti prevedono condizioni particolarmente favorevoli per la Russia, che potrebbe mantenere il controllo su gran parte dei territori raggiunti e vedersi riconosciuto il possesso della Crimea.
Una situazione che spaventa non poco Zelensky, che più volte ha espressamente criticato le soluzioni avanzate dai mediatori, decisamente svantaggiose per l’Ucraina. Recentemente il leader di Kiev è tornato a pregare gli Stati Uniti di non “regalare” alcun territorio alla Russia per porre fine al conflitto. “Vogliamo tutti che questa guerra finisca in modo giusto, senza regali a Putin, soprattutto terre“, ha detto Zelensky. La risposta di Trump non si è fatta attendere. Sebbene il Tycoon non abbia ancora mantenuto la sua promessa di far finire la guerra entro pochi giorni dalla sua elezione, non per questo rinuncia ad autoproclamarsi salvatore dell’Ucraina.
In un’intervista ad Abc News, Trump ha sottolineato che senza il suo intervento Kiev sarebbe caduta immediatamente in mano russa: “Diciamolo chiaramente. E se non fosse stato per me… Sono stato io a dare loro i Javelin che hanno distrutto i carri armati russi. Sapete, quel momento con i carri armati è stato un momento cruciale, quando i tank sono rimasti impantanati nel fango e io ho dato loro un numero enorme di Javelin. E’ stato un momento cruciale perché se quei carri armati si trovavano a 115 chilometri da Kiev e avrebbero preso il controllo di Kiev. La guerra sarebbe finita in un giorno“.
La tregua di tre giorni disposta da Mosca
Un primo segno di apertura da parte di Mosca è rappresentato dalla proposta di tre giorni di tregua, dall’9 al 10 maggio, in occasione dell’anniversario della vittoria contro la Germania nazista. Durante questo lasso di tempo, la Russia ha promesso che “tutte le ostilità saranno sospese“, minacciando una risposta “adeguata ed efficace” delle forze armate in caso di violazioni del cessate il fuoco da parte ucraina.
Kiev ha rilanciato, proponendo una tregua più lunga, della durata di un mese. “Se la Russia vuole davvero la pace, deve cessare il fuoco immediatamente. Perché aspettare fino all’8 maggio? Se si può fare un cessate il fuoco ora e da qualsiasi data nei prossimi 30 giorni, allora è reale, non solo per una parata“, ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, aggiungendo che “L’Ucraina è pronta a sostenere un cessate il fuoco duraturo, completo e continuo“. La proposta di soli tre giorni di tregua, ha detto Zelensky, rappresenta “un tentativo di manipolazione“.
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