Guerra Russia-Ucraina: 50 giorni dopo

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Da quasi due mesi continuano i combattimenti fra Mosca e Kiev. Ecco gli eventi più rilevanti del primo conflitto in Europa degli ultimi settanta anni

24 febbraio, ore 4 della mattina: il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, parla alla tv di Stato per annunciare l’avvio delle operazioni militari in Ucraina. Contemporaneamente, le truppe armate di Mosca superavano il confine fra le due Nazioni e iniziavano i primi bombardamenti sulle città. 

La notizia si sparge rapidamente in tutto il mondo: è il principio di una guerra, la prima sul suolo europeo dopo gli orrori del nazismo, che sta infuriando ormai da 50 giorni. Un conflitto non nuovo, quasi preannunciato viste le tensioni dei giorni precedenti all’attacco, che però ha sconvolto il mondo intero. Dopo i bombardamenti all’alba, l’armata si è spinta in avanzata su diverse città, fra cui anche la capitale. Alla conquista dell’aeroporto di Antonov, a 20 chilometri da Kiev, punto di snodo per lo sbarco di nuove forze militari, era chiaro che la guerra non sarebbe terminata troppo in fretta. Forti le parole di Putin che ha definito la guerra come “un’operazione militare” e ha esortato più volte il popolo ucraino alla resa: “L’obiettivo non è l’attacco, ma la difesa delle persone vittime di abusi e del genocidio di Kiev. Faremo in modo di demilitarizzare e denazificare l’Ucraina”. Volodymyr Zelensky, capo di Stato dell’Ucraina, che già nella giornata del 23 febbraio aveva dichiarato lo stato di emergenza, ha condannato l’avanzata dei Russi definendola un’invasione e ha proclamato la legge marziale. È stato questo il primo tassello di guerra che oggi tocca i 50 giorni dall’avvio. 

Le sanzioni e i primi colloqui di pace

Immediata la reazione della maggior parte delle potenze mondiali: pieno supporto e solidarietà a Zelensky e tutto il popolo ucraino, nonché netta condanna dell’avanzata russa. L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno subito varato una serie di sanzioni economiche e finanziarie mirate a intaccare il prestigio russo. 

Nel frattempo, nella giornata del 28 febbraio, si sono aperti i primi negoziati per la pace. Sulle sponde del fiume Prypyat, vicino al confine con la Bielorussia, le delegazioni diplomatiche delle due Nazioni si sono incontrati. È stato un colloquio molto discusso, vista la vicinanza politica della Bielorussia a Putin. Non si è raggiunto alcun accordo: come era previsto né Russia né Ucraina hanno ceduto su alcun aspetto. Unico elemento consistente dei primi colloqui è stata la creazione dei corridoi umanitari, vie di fuga per l’evacuazione dei profughi verso i Paesi confinanti. 

Mariupol teatro di orrore

Altro evento significativo del primo mese di guerra è stato il bombardamento dell’ospedale di Mariupol, il 9 marzo. La città è stata uno dei centri maggiormente messo alla prova dallo sforzo bellico, teatro di guerra dell’offensiva russa per via della sua posizione strategica sulle sponde del mar d’Azov. Il bombardamento è avvenuto in una struttura civile, fuori dalla logica di guerra dichiarata da Putin fin dall’inizio della guerra di voler attaccare solo obiettivi militari. Le immagini del reparto di maternità e pediatria sventrato dai colpi aerei russi hanno fatto il giro del mondo, fra cui anche la prima “foto simbolo” del conflitto: una donna incinta trascinata su una barella in fin di vita. Né lei né il bambino sono sopravvissuti all’attacco. Il presidente Zelensky ha commentato la vicenda sui suoi canali social: “È un’atrocità. Ci sono dei bambini sotto le macerie”. 

Non solo l’ospedale, ma anche il teatro di Mariupol come bersaglio dei bombardamenti: l’edificio usato come rifugio ha subito ingenti danni ma le più di mille persone presenti all suo interno sono rimaste incolumi. 

Notizie dalla Russia: la protesta di Marina Ovsyannikova 

Martedì 15 marzo una giornalista russa è apparsa in diretta con un cartello in un notiziario in onda su Russia 1 per protestare contro la guerra in Ucraina. “No alla guerra, stop alla guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo” recitava il cartellone in mano a Ovsyannikova. L’atto ha avuto molte ripercussioni sulla donna: è stata incarcerata per poi essere rilasciata con una multa da pagare ed è stata licenziata dall’emittente. Ovsyannikova si è posta contro la propaganda russa, che ha censurato molte informazioni riguardo l’andamento delle operazioni belliche in Ucraina.

Scoperta degli orrori di Bucha

Ultimo evento clamoroso di guerra è stata la scoperta delle fosse comuni e dell’eccidio di civili nella città di Bucha. La strage compiuta dall’esercito russo nella cittadina vicino Kiev è stato compiuto durante la ritirata. Le immagini divulgate sui social hanno mostrato cadaveri lungo le strade. Il governo di Mosca ha cercato di difendersi dalle accuse sostenendo che il massacro fosse una montatura del governo ucraino col sostegno degli Stati Uniti, ma diverse indagini compiute e il lavoro dei reporter sul campo sembrano confermare la colpevolezza dell’esercito russo. Fino a ora sono stati circa 300 i cadaveri scoperti a Bucha. 

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