Dopo 83 giorni crolla la difesa di Azovstal: Mariupol si arrende 

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Il lungo assedio delle acciaierie si è concluso con l’evacuazione dei militari ucraini rimasti intrappolati nell’impianto siderurgico dopo l’assedio partito il 24 febbraio scorso

«Sono le Termopili del XXI secolo», ha commentato il consigliere presidenziale ucraino Mikhailo Podolyak la fine della resistenza dell’esercito nelle acciaierie di Azovstal. Dopo 83 giorni di assedio i combattenti si sono arresi, lasciando campo libero ai russi. Cade la città di Mariupol, primo e più importante obiettivo di guerra di Putin, sotto le bombe sovietiche fin dal principio del conflitto. 

Il paragone con le Termopili, storica battaglia degli opliti greci contro il potente esercito persiano di Serse I, è centrato. Centinaia di soldati, tra marine della 36° brigata e combattenti del reggimento Azov, sono stati accerchiati nella struttura e costretti alla resa, col merito, però, di aver distolto da altri fronti un elevato numero di risorse russe e contribuendo a rallentare l’offensiva i Donbass e tentativi di avanzata verso Odessa. 

Per Mosca, sono circa 265 i soldati ucraini evacuati, 51 dei quali feriti gravemente, che hanno deposto le armi e si sono arresi, ormai prigionieri di guerra. 

«La guarnigione di Mariupol ha compiuto la sua missione di combattimento. Il Comando militare supremo ha ordinato ai comandanti delle unità di stanza ad Azovstal di salvare la vita del personale», hanno dichiarato le autorità di Kiev. Mariupol si è arresa definitivamente, città martire che ha perso, in quasi tre mesi di conflitto, più di 20mila civili. 

La ricostruzione dell’assedio

Dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa nei territori ucraini, è sempre stato Mariupol l’obiettivo centrale di conquista. Le truppe di Mosca sono entrate penetrando dai territori della Crimea per raggiungere presto il porto della città, sul mare d’Azov, importante nodo commerciale. Il controllo della regione è centrale nella strategia di guerra per garantire alla Russia la creazione di un corridoio con la Crimea. 

L’offensiva sull’impianto metallurgico di Azovstal, costruito in epoca sovietica in funzione antinucleare, inizia il 19 marzo. Presto Kiev annuncia di non poter rafforzare la difesa sulla città. Ma se Mariupol cede al controllo russo il 21 aprile, rimane una sacca di resistenza agguerrita nelle acciaierie. Lo stesso esercito di Mosca lo riconosce, decidendo però di non attaccare ulteriormente la fabbrica. 

Tregua di breve durata

La tregua è di breve durata: gli attacchi riprendono il 23 aprile con bombardamenti sul sito metallurgico, fra i cessate il fuoco temporanei per l’evacuazione dei feriti e le operazioni civili dell’Onu insieme al Comitato Internazionale della Croce Rossa. 

Il 7 maggio, gran parte dei civili è evacuata: dentro Azovstal rimangono solo i soldati che resistono agli attacchi.

L’esercito russo riprende i suoi attacchi con l’artiglieria pesante, carri armati e bombardamenti contro i circa 260 militari ucraini rimasti rinchiusi nel sito, intrappolati dai nemici che hanno bloccato ogni uscita sotterranea. Iniziano gli ultimi giorni di resistenza di Azovstal, fra tentativi di penetrare definitivamente nella struttura. La resistenza crolla definitivamente oggi, 16 maggio, dopo un accordo fra Ucraina e Russia per la liberazione dei prigionieri. 

Mariupol si è arresa, è crollata anche l’ultima barriera di resistenza dopo 83 giorni di scontri. Lo sforzo di pochi contro la potenza di tanti: sono davvero le Termopili del XXI secolo. 

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