Il padre le avrebbe fatto pesare il matrimonio annullato, vessandola e insultandola. E l’avrebbe anche picchiata, con pugni dietro la schiena, schiaffi e mani al collo
Un calvario durato 2 anni. E’ quello di una 15enne pakistana, rinchiusa in casa dal padre senza possibilità di uscire, di andare a scuola, di una vita sociale, tra insulti, vessazioni e botte. Il motivo è da brividi.
Le nozze annullate in Pakistan dopo il ripensamento del fidanzato erano state considerate una vergogna per la famiglia della 15enne, portata subito in Italia dal padre. Una vergogna troppo grande, sufficiente per negarle la libertà. Solo nel 2019, dopo due anni di inferno era riuscita ad allontanarsi dalla propria abitazione, in un paesino del Senigalliese, in provincia di Ancona, per denunciare tutto ai carabinieri e innescare le indagini.
Al termine del processo ad Ancona il padre 48enne è stato condannato a due anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia nei confronti della figlia, ora finalmente libera. L’imputato, difeso dall’avv. Cristina Barboni, ha sempre respinto le accuse, sostenendo di essere stato un genitore severo, ma mai violento.
Totalmente opposta la ricostruzione della giovane che agli investigatori aveva confidato umiliazioni, minacce e botte subite dal genitore. Tutto avrebbe avuto inizio in Pakistan dove la ragazza, allora 15enne, si sarebbe dovuta sposare. Era legata sentimentalmente a un giovane, nel suo Paese, e dovevano convolare a nozze. Lui però aveva cambiato idea all’ultimo momento e la famiglia della giovane l’aveva considerata un’onta troppo grande, tanto da rimediare portando via la figlia dal Pakistan e farla arrivare in Italia dove il padre si era sistemato con un lavoro e una sua indipendenza.
Le condizioni di vita della minore sono state pari a quelle di una prigioniera. Il genitore, secondo le accuse, non l’avrebbe iscritta a scuola, né le avrebbe permesso di imparare la lingua italiana, imponendole di frequentare solo donne adulte pakistane. Niente vita sociale con i coetanei del paese, nessuna uscita fuori casa. Durante la permanenza di due anni, il padre le avrebbe fatto pesare il matrimonio annullato, vessandola e insultandola; e l’avrebbe anche picchiata, con pugni dietro la schiena, schiaffi e mani al collo.
Una situazione insostenibile che sarebbe andata avanti fino al novembre del 2021 quando la ragazza sfuggì al controllo del genitore e sporse denuncia ai carabinieri, raccontando i soprusi subiti. Da qui l’indagine coordinata dalla pm Irene Bilotta, il processo e la sentenza emessa dal collegio del tribunale di Ancona, presieduto da Edi Ragaglia, che ha condannato il 48enne a due anni di carcere per il reato di maltrattamenti in famiglia che ha assorbito anche l’altro addebito contestato e cioè quello di sequestro di persona.
Quella delle donne pakistane è una condizione che tocca, indirettamente, tutte le donne del mondo. Una società islamica in cui la condizione della donna risulta piuttosto precaria: stupro, violenza e maltrattamenti verso le donne sono considerata ordinaria prassi. Pensare che ad oggi sia possibile assistere a situazioni simili e che continuino ad esistere tali contesti così degradanti e denigranti, è una sconfitta per l’intera umanità.