Alzheimer, lo stress demolisce le nostre funzioni cognitive: nuovo studio svedese lo conferma

Un nuovo studio di neuroscienze cognitive, condotto in Svezia, ha portato alla luce una scoperta significativa che potrebbe cambiare il modo in cui comprendiamo e affrontiamo i disturbi della memoria, in particolare la malattia di Alzheimer

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Lo studio del Karolinska Institutet, pubblicato su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association, ha evidenziato come lo stress abbia un impatto negativo sull’attività cognitiva del cervello umano, incentivando i problemi relativi alla memoria. Mentre l’idea che le attività mentalmente stimolanti e le esperienze di vita interessanti e piacevoli possano migliorare la cognizione nei pazienti affetti da disturbi della memoria è ampiamente accettata, i ricercatori del Karolinska Institutet hanno dimostrato che alti carichi di stress possono minare questa relazione benefica.

Un magazzino cognitivo che ci protegge dalla malattia

Alla fine degli anni ’80, alcuni ricercatori fecero una scoperta sorprendente: individui che non mostravano sintomi apparenti di demenza durante la loro vita presentavano comunque cambiamenti cerebrali coerenti con uno stadio avanzato della malattia di Alzheimer. Da allora, si è ipotizzato che una cosiddetta riserva cognitiva possa spiegare questo effetto protettivo differenziale negli individui. 

Alzheimer
Le cause specifiche della Malattia di Alzheimer non sono ancora note. La perdita delle funzioni cognitive avviene a causa di un accumulo di placche amiloidi nel cervello, cosa che provoca un’infiammazione dei tessuti e successiva morte progressiva delle cellule neuronali

Questo concetto si basa sull’idea che esperienze e comportamenti di vita stimolanti e arricchenti dal punto di vista cognitivo, come un livello di istruzione più elevato, lavori complessi, attività fisiche e ricreative continuative e interazioni sociali sane, contribuiscano a costruire e riempire una sorta di area di stoccaggio benefica nel cervello che può compensare i danni causati da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Tuttavia, lo studio del Karolinska Institutet ha rivelato che livelli elevati o persistenti di stress possono compromettere questa riserva cognitiva. I ricercatori hanno esaminato l’associazione tra riserva cognitiva, cognizione e biomarcatori della malattia di Alzheimer in 113 partecipanti della clinica della memoria del Karolinska University Hospital, Huddinge, in Svezia. Hanno anche indagato come questa associazione sia modificata dallo stress fisiologico, misurato tramite i livelli di cortisolo nella saliva, e dallo stress psicologico, ovvero quello percepito.

Lo stress: il nemico numero uno delle funzioni cognitive

Secondo i risultati dello studio, una maggiore riserva cognitiva sarebbe associata a una migliore cognizione, ma lo stress fisiologico sembra indebolire questa relazione. In altre parole, sebbene una vita ricca di stimoli cognitivi possa offrire una certa protezione contro i problemi di memoria, lo stress può annullare questi benefici.

La dottoressa Manasa Shanta Yerramalla, ricercatrice presso il Dipartimento di Neurobiologia, Scienze della Cura e Società del Karolinska Institutet e autrice principale dello studio, ha commentato l’importanza di queste scoperte: “Questi risultati potrebbero avere implicazioni cliniche significative, poiché un numero crescente di ricerche suggerisce che gli esercizi di mindfulness e la meditazione possono ridurre i livelli di cortisolo e migliorare la cognizione.” Yerramalla ha inoltre suggerito che diverse strategie di gestione dello stress potrebbero essere un buon complemento agli interventi esistenti sullo stile di vita nella prevenzione dell’Alzheimer.

Tuttavia, è importante notare che il campione relativamente piccolo di partecipanti potrebbe limitare la solidità delle conclusioni. Inoltre, poiché lo stress può influenzare il sonno, che a sua volta può influenzare la cognizione, i ricercatori hanno tenuto conto l’effetto dei farmaci per il sonno, ma non hanno considerato altri aspetti della qualità del sonno che potrebbero influire sulla cognizione e di conseguenza sui risultati dell’esperimento.

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