Chi pensava che la fatwa dell’imam di Birmingham contro le adultere da lapidare era un illuso. Gli conviene guardare stasera il reportage fatto in alcune moschee italiane da “Quarta Repubblica”, il programma di Retequattro condotto da Nicola Porro anticipato dal Giornale.
Frasi come “se le donne tradiscono vanno messe sotto terra e colpite con sassi sulla testa e sul corpo fino a farle morire” sono risuonate da Roma a a Trieste, da Torino a Imperia. Ad altri fedeli islamici, bontà loro, basterebbe punire l’adulterio “con le frustate”.
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L’integrazione islamica è difficile anche in Italia
Ma non c’era bisogno di questo crudo reportage per capire che l’integrazione islamica è difficile anche in Italia, e che le facili scorciatoie come l’accorciamento dei tempi per ottenere la cittadinanza. Ci sono troppi imam “fai da te” che strisciano come serpenti velenosi nelle nostre città, portando odio e ignoranza, e predicando una pericolosa intolleranza.
Il primo, vero problema per evitare che l’estremismo islamico si propaghi a macchia d’olio nelle comunità è proprio il controllo delle moschee, quasi tutte aperte senza controlli, senza che vi si parli una sola parola di italiano e che spesso si trasformano in madrasse in cui si incita costantemente all’odio contro l’Occidente. Per un reale percorso di integrazione è necessario far capire a chi vuole vivere nel nostro Paese che è obbligato al rispetto della sua Costituzione e delle sue leggi, al rispetto dei diritti umani e della sacralità della vita contro l’oscurantismo.
Coniugare accoglienza e legalità, senza cedimenti buonisti
La sinistra insiste per dare una “cittadinanza sociale” soprattutto ai minori nati in Italia, che studiano e vivono qui e che ormai sono alcune centinaia di migliaia: lasciarli nella terra di nessuno – non possono sentirsi cittadini dei Paesi di origine dei loro genitori, ma non possono neanche sentirsi italiani fino in fondo perché non hanno la nostra cittadinanza – costituirebbe, secondo questa corrente di pensiero un rischio gravissimo. Questa massa di giovani potrebbe trasformarsi in una vera e propria bomba sociale a orologeria, anche se in Italia i ragazzi stranieri appartengono a decine di etnie diverse e non a un’etnia prevalente, come avviene in Francia con quella maghrebina e quindi non hanno grandi capacità di aggregazione.
Ma, anche in questo caso, non è detto che la cittadinanza costituisca un automatismo sicuro per raggiungere una reale integrazione. Le esperienze europee, purtroppo, vanno in tutt’altra direzione, a partire dai giovani musulmani di terza generazione che si fecero saltare nella metropolitana di Londra, o alle periodiche rivolte nelle banlieues parigine. Insomma, bisogna saper coniugare accoglienza e legalità, senza cedimenti buonisti alle sole ragioni degli altri, perché difendere i diritti degli immigrati senza citarne mai i doveri significa intraprendere la strada del dialogo a senso unico, che non è più dialogo ma semplicemente una resa.
Il pericolo del fondamentalismo islamico
Purtroppo, l’Europa ha sempre sottovalutato il pericolo del fondamentalismo islamico, spalancandogli le porte di casa invece di combatterlo nelle sue roccaforti. Sono stati tremila i cittadini europei che hanno combattuto con le forze dell’Isis in Iraq e in Siria, i cosiddetti foreign fighters, pronti a importare la guerra santa nelle nostre città. Molti si sono arresi, ma altri restano mine vaganti, insieme ai terroristi che approfittano dei flussi migratori incontrollati per arrivare in Europa.
Dobbiamo dunque fare i conti con una triste realtà: l’Europa non si è mai davvero svegliata dal sonno della ragione denunciato molto tempo fa da Oriana Fallaci, e non ha preso le necessarie contromisure per difendere i propri valori fondanti e la propria stessa libertà, lasciando aperte troppe moschee trasformate in madrasse, in cui si predica ossessivamente l’odio contro l’Occidente.
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