Patto di stabilità, scatta l’asse Italia-Francia. Giorgetti: “Partire dalla riduzione del debito”

Il nuovo trattato dovrà necessariamente entrare in vigore nel 2024. Il ministro dell’Economia ribadisce il problema del debito pubblico

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È cominciata la partita per il nuovo Patto di Stabilità in sostituzione del vecchio che è stato prepensionato dal Covid. Il confronto si annuncia aspro a cominciare dal fatto che Francia e Germania, i due Paesi di riferimento dell’Unione europea, si trovano su due fronti opposti.  Il nuovo trattato dovrà necessariamente entrare in vigore nel 2024 visto che a dicembre scade la clausola di salvaguardia.

Il testo presentato dalla Commissione ad aprile descrive un percorso che deve essere concordato fra Bruxelles e le diverse capitali. C’è però un parametro comune: i Paesi con un debito sopra il 60% del Pil e deficit sopra il 3% devono ridurre – nei piani differenziati, quadriennali – il deficit dello 0,5% ogni anno.

Inoltre, la spesa primaria netta non deve superare la crescita potenziale e alla fine del piano il debito deve risultare inferiore al livello di partenza. “Una buona base di partenza”, la definiscono i ventisette ministri dell’Economia e delle Finanze riuniti a Lussemburgo per l’Ecofin, “ma non basta”.

Patto di stabilità, il confronto fra i ministri

La giornata di venerdì ha costituito la prima occasione di vero confronto dove sono emersi i punti di attrito. “L’Unione non si può permettere che i livelli di indebitamento crescano a oltranza da crisi a crisi”, è il messaggio lanciato dai ministri delle Finanze di 11 Paesi Ue – Germania in testa – in un intervento comune. Secondo i ministri “prima della pandemia la politica finanziaria in Europa, a volte, era troppo espansiva”.

Il fronte olandese

Oltre che da Berlino, la firma è arrivata da Repubblica Ceca, Austria, Bulgaria, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Lussemburgo. Non c’è l’Olanda, ma la ministra delle Finanze olandese ha precisato immediatamente che “è chiaro” che Germania e Paesi Bassi “condividono gli stessi obiettivi sulla riduzione del debito. Crediamo che ci debba essere spazio per riforme e investimenti, ma abbiamo scelto la nostra strada. Tornare al vecchio patto di stabilità costituirebbe un fallimento, perché non funziona, non è efficace”.

Le richieste dei Ventisette sul nuovo Patto di stabilità

I firmatari hanno chiesto di introdurre “criteri quantitativi applicabili in tutti gli Stati membri” e avvertono che “adottando una maggiore focalizzazione sul medio termine non si può neanche arrivare a situazioni in cui le future sfide vengano utilizzate per ritardare o posporre quegli adeguamenti finanziari oggi necessari”. Tradotto: oltre a tagliare dello 0,5% il deficit ogni anno, nei loro piani gli Stati devono ridurre dell’1% il debito. Per Parigi è semplicemente “inaccettabile” visto che la tagliola scatterebbe anche per Francia il cui debito passa il 100%.

Il fronte tedesco

“Noi abbiamo chiesto un benchmark numerico per ogni anno di riduzione del debito e che la crescita della spesa primaria sia inferiore alla crescita potenziale del Paese”, spiega il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner. “Nelle circostanze normali non è esagerato chiedere una riduzione del’1% del rapporto debito/Pil. Considerato per esempio uno Stato membro con il debito al 100% per tornare al 60% vuol dire che servono almeno 40 anni di periodo di aggiustamento. E come sapete ci sono Stati membri sopra il 100%, vuol dire che non li vedrò in vita tornare al 60%”, osserva.

“In circostanze straordinarie, per esempio una grave recessione – prosegue – ci sarà una clausola di salvaguardia generale” per sospendere le regole di applicazione. In sintesi, la Germania chiede di “arrivare a norme che funzionino, che permettano una riduzione tempestiva e reale del debito, con un sistema basato su regole con indicazioni quantitative nette per mantenere le finanze pubbliche solide” e “si tratta anche di credibilità nei confronti dei mercati”. 

Gentiloni: “Traiettorie efficaci sulla riduzione del debito”

Il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha cercato di spegnere il fuoco affermando che sulla revisione delle regole del Patto di stabilità “l’obiettivo della nostra proposta è avere traiettorie graduali ma più efficaci sulla riduzione del debito e al tempo stesso essere in grado di incoraggiare gli investimenti pubblici, specialmente sulle nostre priorità comuni. Queste due esigenze dovrebbero procedere di pari passo”. Arrivando all’Ecofin, Gentiloni ha espresso apprezzamento per “le valutazioni molto positive del Fondo monetario internazionale sulle nostre proposte”.

Le parole di Giorgetti

Il ministro Giorgetti non è entrato nel merito della questione sul parametro fisso di riduzione annuale del debito/pil: l’Italia non è d’accordo e lo sanno tutti. Il fatto che su questo si sia pronunciata con no secco e chiaro il collega francese Le Maire facilita le cose. In ogni caso il ministro italiano ha fatto un solo riferimento al debito pubblico, il problema principale dell’Italia, per dire che per il governo “la sua riduzione è la condizione essenziale per la sostenibilità e la stabilità”. E che l’Italia non solo condivide la linea di responsabilità nella finanza pubblica, ma si sta comportando di conseguenza. Come, peraltro, viene riconosciuto da Bruxelles e dalle altre capitali.

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