“Viviamo in un Paese così. Che per una serie di ragioni che in queste righe non possiamo spiegarvi, è passata da una condizione di democrazia equilibrata a una forma di strapotere della magistratura che ha soffocato e umiliato e costretto al silenzio gli altri poteri“, così Piero Sansonetti scrive su L’unità, trattando del caso Giovanni Toti, il governatore della Liguria arrestato ieri per corruzione.
Un arresto che secondo il direttore è “l’apertura della campagna elettorale da parte della magistratura, con l’obiettivo di fermare qualsiasi possibile riforma della giustizia“. Le manette sarebbero l’arma scelta dai magistrati per avvisare la politica, colpevole di guardare sempre ai propri interessi per poi dimenticare quanto il pericolo dell’asservimento dell’esecutivo alla magistratura possa essere deleterio per tutti.
“La campagna contro il sindaco del Pd De Caro e il presidente della Regione Campania Emiliano è stata ben sostenuta dai politici e dai giornali di destra – affonda Sansonetti – Che il garantismo lo perdono appena vedono in difficoltà un avversario politico e ci mettono un attimo per schierarsi coi Pm e le manette“. Ora, però, al centro della questione c’è un esponente del centrodestra e per la maggioranza adesso è difficile “scagliarsi con la magistratura, dopo averle dato fiducia totale perché si immaginava che potesse danneggiare Decaro, personaggio emergente del centrosinistra“.
La campagna delle Europee e il congresso dell’Anm
Quindi, l’arresto del Presidente Giovanni Toti sarebbe un vero e proprio avvertimento, arrivato proprio alla vigilia delle elezioni europee e all’alba del congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), che inizierà il 10 maggio a Palermo. Un periodo non scelto a caso, in quanto collima con la preparazione di alcune riforme della Giustizia da parte del Governo.
In particolare, a far storcere il naso ai magistrati è la cosiddetta riforma della “separazione delle carriere” che limiterebbe “lo strapotere dell’accusa” e “farebbe rientrare il meccanismo del processo dentro i recinti della Costituzione e nel rispetto dell’articolo 111“, come sottolineato da Sansonetti.
Secondo il direttore del L’unità, al congresso di Palermo “una parte dello schieramento delle Procure si presenta con questo risultato assai importante: lo scalpo di Toti“. Un fermo che, tra l’altro, avrebbe sfruttato la sensazionalità mediatica, aspetto che per la macchina della Giustizia è “il più importante“. Quindi, l’arresto di un governatore di Regione, rispetto all’attacco ad un amministratore comunale, servirebbe “a far vedere la bandiera di battaglia e spiegare alla politica che l’obiettivo è fermare la riforma“.
Sansonetti: “I politici disposti a rischiare sono pochi e così le Procure vincono sempre“
“Chi si può opporre a un Pm che decide di far scattare le manette?“, chiede Sansonetti, che si risponde poi con una dichiarazione di Palamara: “Se quel Pm ha per amico un Gip e dispone di un paio di giornalisti, non solo nessuno potrà opporsi all’arresto, ma gran parte della stampa sarà trascinata su posizioni colpevoliste“.
Così, come un cane che si morde la coda, centrosinistra e centrodestra a turno prestano il fianco alla magistratura, legandosi così le mani e mettendo “il collo dentro la gogna“. Il direttore de L’Unità, quindi, spiega come la politica non abbia alcuna possibilità, ad oggi, di contrastare il potere della magistratura. La speranza della riforma della Giustizia è fugace perché “la separazione delle carriere non si farà, così come non si farà nessuna riforma seria“.