Liste d’attesa, Schlein passa all’attacco: “Il decreto fuffa di Meloni brancola nel buio”

Ciò che preoccuperebbe Schlein in prima battuta sarebbero le "gravi ricadute sulla salute dei cittadini italiani", dopo che il provvedimento disegnato per cercare di sopperire alle mancanze amministrative o banalmente tecniche che si annidano dietro le liste d'attesa per analisi ed esami, non avrebbe portato a nulla

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Secondo Elly Schlein il Governo guidato da Giorgia Meloni è tutto fumo e niente arrosto, specialmente se si parla di sanità pubblica. La dimostrazione? Per la Segretaria del Pd è palese, visto che “dopo quasi un anno dal decreto fuffa” lanciato dal Presidente del Consiglio, “la situazione è sempre più drammatica“.

Schlein farebbe riferimento al provvedimento disegnato per cercare di sopperire alle mancanze amministrative o banalmente tecniche che si annidano dietro le liste d’attesa per analisi ed esami. Per la Segretaria dem questo decreto sarebbe stata una semplice mossa di campagna elettorale visto che è stato emesso a pochi giorni dalle elezioni europee.

Sanità, il problema delle liste d’attesa e le preoccupazioni di Schlein

Si tratterebbe di un quadro critico “non solo perché le liste d’attesa continuano ad allungarsi, ma anche perché l’esecutivo di Giorgia Meloni, “dopo i tagli della scorsa legge di bilancio sulla sanità, brancola nel buio“. Ciò che preoccuperebbe Schlein in prima battuta sarebbero le “gravi ricadute sulla salute dei cittadini italiani“.

Infatti, “anche i governatori di destra accusano il governo di non aver stanziato risorse adeguate e di non avere un piano concreto“, affonda la Segretaria dem riportando l’esempio del litigio tra il Ministro della Salute, Orazio Schillaci e il Presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, come dimostrazione.

Si tratta della lettera firmata da Schillaci indirizzata al governatore in cui contesta che “la piattaforma di monitoraggio nazionale sta mostrando molti casi virtuosi, ma allo stesso tempo troppe situazioni indegne”. Schlein suggerisce quindi alla premier di “rimettere i piedi per terra, perché gli italiani che non si possono permettere di andare dal privato rinunciano a curarsi, e sono ormai 5 milioni“.

E così sulla sanità il Pd non arretra, anzi passa all’attacco insieme ad altre forze di opposizione. Si tratta di una vera e propria battaglia in difesa della sanità pubblica e contro le scelte del governo Meloni, che Schlein e il suo partito stanno portando avanti da tempo, anche in contrasto al Piano di Riarmo europeo per il quale verrebbero stanziati quasi 800 miliardi.

La risposta di Schillaci

Nessun litigio con Fedriga anzi massima collaborazione“. Rassicura, in una nota, il ministro della Salute aggiungendo di aspettarsi dall’opposizione “collaborazione concreta più che disinformazione“. “La rabbia verbale di chi si oppone ai nostri sforzi – ribadisce – dovrebbe andare verso chi preferisce i gettonisti“, verso chi non vuole trasmettere i dati di monitoraggio sui tempi d’attesa o chi usa ‘liste di galleggiamento‘ “per non mostrare la vera realtà“. Di conseguenza, “viene da chiedersi se all’opposizione interessi davvero che finalmente abbiamo un monitoraggio reale sul fenomeno, e non dati episodici“.

Liste d’attesa, le Regioni: “Definire insieme posteri sostitutivi”

Intanto, domani è previsto l’esame del Dpcm sui poteri sostitutivi di Roma in caso di gravi inadempienze delle Regioni sulle liste d’attesa come primo punto all’ordine del giorno della Conferenza Stato Regioni. Ieri invece è stata sostenuta una nuova riunione tecnica mentre oggi si incontreranno gli assessori alla Sanità della commissione Salute.

Però, con una lettera inviata dalla commissione Salute, le Regioni chiedono al Governo di definire insieme i criteri con cui l’esecutivo può esercitare il potere sostitutivo qualora gli enti risultino inadempienti nello smaltimento delle liste d’attesa. Secondo quanto si apprende, nella lettera si sottolinea la necessità di avere indicazioni più puntuali per le procedure previste dallo schema di decreto.

Le Regioni chiedono dunque al Ministero della Salute di concordare ‘tecnicamente” le modalità per consentire sia al Ministero sia alle stesse Regioni “la piena operatività del piano di riduzione delle liste d’attesa“.

Il decreto sui poteri sostitutivi di Roma in caso di gravi inadempienze delle Regioni sulle liste d’attesa nella sanità potrebbe essere approvato anche senza il sì dei Presidenti di Regioni grazie a un passaggio in Consiglio dei Ministri che potrebbe vararlo con una delibera. Il nodo del Dpcm ruota intorno al ruolo dell’organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria istituito presso il Ministero della Salute che nei casi delle inadempienze più gravi può intervenire al posto delle Regioni.

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