Da un lato Giorgia Meloni, dall’altro Marine Le Pen. Alle spalle, un fronte delle destre e dei populisti pronto a sovvertire gli equilibri nell’Unione Europea. A meno di dieci giorni dal voto, il racconto delle prossime elezioni europee è ormai intriso di contrapposizioni nette e manichee. Il dialogo tra il PPE e Fratelli d’Italia – affiancati dai partiti di destra meno estremisti – sembra essere travolto dall’avvicinamento della premier italiana e della leader dell’opposizione francese, entrambe incoronate dal meno europeista dei capi di governo del continente, Viktor Orban.
Orban: “Futuro della destra sono Meloni e Le Pen”
“Queste sono elezioni storiche. Fra dieci anni saranno viste come le elezioni che hanno deciso sulla pace o la guerra in Europa”, ha sottolineato il premier ungherese, convinto che “il futuro della destra sia nelle mani di Meloni e Le Pen“. Orban e il suo partito Fidesz rappresentano il terzo elemento di un tridente che, secondo i rumors di Bruxelles, potrebbe confluire in un unico gruppo non troppo tardi. Al momento, Meloni guida i Conservatori e Riformisti, Le Pen il gruppo di Identità e Democrazia, mentre Fidesz rimane nel limbo dei non iscritti. Tuttavia, da mesi Orban chiede di entrare nell’ECR e la sua causa viene perorata dai polacchi del PiS.
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Parallelamente, l’espulsione dei tedeschi dell’AfD da ID – voluta da Le Pen con il placet della Lega – ha rimosso uno dei principali ostacoli all’unione dei due gruppi. L’ipotesi resta difficile, basti ricordare che nell’ultimo quinquennio ECR e ID spesso hanno votato in maniera diversa. Eppure, un risultato positivo delle elezioni e la necessità di rafforzare le proprie posizioni potrebbe rendere possibile ciò che, fino a pochi mesi fa, sembrava impossibile. “La reputazione che Meloni si è costruita, come questa nuova destra che ha insediato in Italia e nell’Unione Europea, mi ispira molto rispetto“, ha ribadito Orban.
The Economist e il titolo su Meloni, Le Pen e Von der Leyen
Il settimanale The Economist ha dedicato la sua copertina a Ursula von der Leyen, Meloni e Le Pen, titolando: “Le tre donne che daranno forma all’Europa. Tre modi di affrontare il dilemma del populismo”. Tuttavia, osservando il trend della campagna elettorale, la coesistenza delle tre leader al potere nell’UE appare difficile. Più Meloni e Le Pen si avvicinano, più per la presidente della Commissione uscente diventa arduo far digerire alla maggioranza europeista la presenza di FdI. E se poi a incoronare Meloni c’è Orban, considerato a Bruxelles alla stregua di un proxy del Cremlino, la distanza diviene incolmabile.
“Meloni è uguale a Le Pen, è un lupo travestito da agnello”, ha dichiarato Nicolas Schmit, candidato del PSE, in un’intervista ad un gruppo di agenzie stampa, tra le quali l’Ansa, riunite nella European Newsroom. Schmit ha rilanciato un messaggio che socialisti e liberali stanno recapitando da giorni a von der Leyen e al PPE, accusando il loro abbraccio alle destre di “far rivoltare De Gasperi nella tomba”.
Per von der Leyen, tuttavia, contare esclusivamente sul voto di PPE, S&D e Renew è un rischio. Lo scrutinio segreto in plenaria potrebbe falciare la sua candidatura. Anche per questo continuano a emergere eventuali piani B, a cominciare da quello di Mario Draghi. L’ex premier gode della stima di gran parte delle cancellerie europee ma, finora, ad averlo informalmente proposto è stata solo Parigi. Per Schmit la sua elezione “non rispetterebbe il sistema”, che prevede la distribuzione dei top jobs tra PPE, socialisti e liberali. “Draghi non appartiene a nessuna famiglia politica, la vedo complicata”, ha osservato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Se i sondaggi saranno confermati, il PPE chiederà la presidenza della Commissione, i socialisti quella del Consiglio europeo, i liberali la poltrona di Alto Rappresentante. Ma se la candidatura di von der Leyen venisse bocciata, questo Cencelli comunitario rischierebbe di essere travolto. Per Draghi, le porte della Commissione non sono ermeticamente chiuse. E non lo sono neanche quelle dell’Europa Building. “Secondo me, sarebbe molto più adeguato come presidente del Consiglio europeo“, è il suggerimento di Emma Bonino.
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