Meloni alla Camera contro Ventotene: “Non è la mia Europa”. Indignazione delle opposizioni

La premier ha riportato alla Camera le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Tra Trump, Putin e riarmo, è figurato il Manifesto di Ventotene, preso in atto da Meloni per esprimere la propria visione dell'Europa suscitando però la "vergogna" delle opposizioni

10 Min di lettura

Si sposta alla Camera, la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo di domani. Il dibattito iniziato con 18 interventi dei deputati, ha visto l’assenza dei ministri leghisti in Aula, poi dopo un’ora e mezza di ritardo, è arrivato il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Al seguito, sono giunti anche il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara e il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli.

Un’assenza del Carroccio che è stata subito sottolineata e denunciata dalle opposizioni ma prontamente dissuasa dalla premier: “La compattezza del governo non è data dalla presenza dei ministri in aula, anzi ho detto spesso che quando sono impegnati in altre vicende fanno bene a fare il loro lavoro, penso che dare risposte ai cittadini sia molto più importante che fare compagnia a me, me la posso cavare da sola“.

Dopo che la premier avrà terminato la replica alle tematiche mosse, si passerà alle dichiarazioni di voto con gli interventi dei leader di Pd e Movimento 5 Stelle, Elly Schlein e Giuseppe Conte. Infine, si terminerà con il voto sulle cinque risoluzioni proposte dai partiti di opposizione, Pd, M5S, Iv, Avs e Azione. La risoluzione di maggioranza votata ieri a Palazzo Madama, ha visto divisa in 12 punti, 109 voti favorevoli, 69 contrari e 4 astensioni.

Il mercato libero di Meloni

Esordendo facendo gli auguri a “tutti i papà dentro e fuori da quest’aula“, Giorgia Meloni ha dato via alla replica alla Camera dopo il dibattito in vista del Consiglio europeo. Sul Mercosur e gli accordi di libero scambio, “in linea di principio siamo favorevoli, ma come ho spiegato tante volte il mercato non può essere libero se non è anche equo“, risponde Meloni a Luigi Marattin, deputato del gruppo Misto e Presidente di Orizzonti Liberali. “Se non si difende la qualità del prodotto – spiega il Presidente – e il libero scambio, si finisce di penalizzare le produzioni“. Questione principale su cui si stanno costruendo gli accordi di libero scambio e il Mercosur, ossia i patti tra Ue e l’organizzazione internazionale istituita da Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay.

Meloni sul colloquio Washington-Mosca

In merito al colloquio telefonico avvenuto tra il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il leader russo, Vladimir Putin, Meloni ha esposto l’ipotesi di un cessate il fuoco parziale limitato alle infrastrutture. “Si tratterebbe – puntualizza la premier – di un primissimo spiraglio che va nel senso di quanto concordato a monte tra Trump e Zelensky” a Gedda. Gli sforzi del Presidente a stelle e strisce vengono ampiamente sostenuti dal Governo italiano, soprattutto perché si tratta di “un leader forte” che può porre le condizioni per garantire una pace giusta e duratura. “Non vedremo le scene di debolezza” viste in Afghanistan, “la partita si gioca sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina“.

Le proposte di Meloni per un piano di riarmo più sostenibile

Affrontando il tanto dibattuto e discusso piano di riarmo presentato da Ursula von der Leyen, Meloni ribadisce la posizione del Governo che chiede lo scorporo delle spese difesa dal calcolo del Patto di Stabilità. “Oggi però – spiega Meloni – non possiamo non porre il problema che l’intero Piano presentato dalla Presidente della Commissione Ue si basa quasi completamente sul debito nazionale degli Stati“. Motivo per cui, si starebbero esponendo altre proposte in grado di aiutare a scomputare le spese, ma “dall’altra parte una priorità deve essere favorire gli investimenti privati” su questa materia. Una proposta elaborata con il Ministro Giorgetti ricalcherebbe l’Invest Eu, con garanzie europee per investimenti privati e “cerchiamo di rendere questo piano maggiormente sostenibile”.

Meloni cita il Manifesto di Ventotene e si sospendono i lavori

In conclusione della sua replica dopo la discussione sulle comunicazioni, il Presidente Meloni si è detta contenta di citare testualmente alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene.

Il Partito rivoluzionario “attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia“. E così, rivolgendosi alle opposizioni, in una fase di bagarre in Aula, Meloni ha gelato i presenti con: “Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia“.

Riferendosi alla manifestazione pro Europa organizzata da Michele Serra a Piazza del Popolo domenica scorsa, la premier ha puntualizzato di non aver chiara neanche “la vostra idea di Europa“, perché “è stato richiamato da moltissimi partecipanti” il testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, ma “spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa“. Un affondo che ha portato alla sospensione dei lavori in Aula. Mentre, dunque, risuonavano urla e proteste delle opposizioni, Meloni si è rivolta verso i banchi del centrosinistra dicendo “fermi, fermi“, ed è intervenuto anche il Presidente della Camera, Lorenzo Fontana per richiamare l’ordine.

Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, oltre che dileggiarli“, ha replicato a caldo il deputato il Pd puntualizzando che “non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini” e ricordando a Meloni “che siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici“.

Meloni oltraggia la memoria europea nascondendo le divisioni del suo governo“, attacca la Segretaria del Pd, Elly Schlein. Per Giuseppe Conte, leader pentastellato la premier è “un’irriconoscente“, perché “se siede al Consiglio europeo è grazie a Spinelli, Rossi… Tutta l’Europa riconosce che quello è stato il progetto fondativo dell’Europa libera e democratica che abbiamo“. È stata “un’operazione spregiudicata“, per Avs. “Una bombetta ideologica lanciata per poi scappare“, sintetizza Riccardo Magi, Segretario di +Europa. “Che senso ha – si domanda il leader di Azione, Carlo Calenda
tutta questa bagarre sul manifesto di Ventotene quando il problema oggi è come tenere a bada Putin?“.

Chi ha contestualizzato, sarcasticamente, le parole della premier, è Osvaldo Napoli che stupito si domanda con retorica: “Le opposizioni che si scandalizzano scoprono solo oggi che Meloni non è europeista?“. L’esponente di Azione esplica brevemente che l’Europa come la intende la Presidente del Consiglio “è quella di Donald Trump“, ovvero un’Unione “da disgregare il prima possibile per non intralciare la restaurazione del dominio bipolare Russia-Usa“.

Il voto sulle cinque risoluzioni

Il Pd ha superato l’esame, ha evitato una rottura bis, votando compatto alla Camera. L’accordo interno siglato con la risoluzione sul riamo, che chiede “una radicale revisione” del piano di Ursula von der leyen, ha quindi retto alla prova dell’urna. Il rischio di una nuova spaccatura era dietro l’angolo: non sul documento Pd, ma su quelli delle altre opposizioni. L’ordine del partito dal Nazareno era per l’astensione e astensione è stata. Tranne un isolato “sì” alla risoluzione di Azione, non a caso identica a quella che in Ue ha lacerato il partito.

La minaccia era legata al fatto che le risoluzioni di Avs e del M5s, contrarie al piano di riarmo, sarebbero state votate per singole parti. C’era quindi la possibilità che le divisioni del Pd riaffiorassero in alcuni passaggi più critici. Non è stato così, anzi. Seguendo le indicazioni, il gruppo dem si è astenuto su tutto, dicendo un solo “no”, quello alla richiesta di Avs di sospendere l’invio di armi all’Ucraina, e un solo “sì”, quello alla condanna del disegno di ispirazione trumpiana di liberare Gaza e la Cisgiordania dai palestinesi. La giornata parlamentare ha poi messo in luce una rinnovata sintonia fra Avs e M5s, con molti voti identici sulle rispettive risoluzioni.

L’accordo sul documento e il voto in Aula hanno così riportato un po’ di sereno al Nazareno. Ma resta la necessità del “chiarimento politico” evocato da Schlein dopo la spaccatura in Europa. Ma il come e il quando lo deciderà la segretaria.

© Riproduzione riservata

Condividi questo Articolo