Siamo al binario 21 della stazione Centrale di Milano, sede del Memoriale della Shoah. Si viaggia nel tempo, ci si immerge nella storia, nella memoria, più di una. Presenti Liliana Segre, la presidente alla Commissione straordinaria del Senato per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza e Ignazio La Russa, presidente del Senato. Lei ritorna fragile, bambina: “Qui non sono più la vecchia che sono adesso, sono quella che è entrata qui per essere deportata. Non l’ho mai dimenticato“. La Russa, imbarazzato dalla domanda di un giornalista, che gli chiede se “Si sente un po’ antifascista?“, risponde: “Non è il luogo né il momento per questi discorsi politici“. Risposta debole, perché la Shoah è riflessione a tutto tondo.
Poi la domanda a Segre: “Perché il presidente del Senato fa fatica a definirsi antifascista?“, “chiedetelo a lui” risponde. Condannare l’olocausto e non il fascismo resta un errore di metodo grave e non solo per la politica italiana.
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Liliana Segre: “Io c’ero”
E’ stata la senatrice a rivolgere l’invito a La Russa, durante la prima della Scala, di presenziare insieme al Binario 21 della stazione Centrale di Milano. Nelle intenzioni della Segre un gesto per riuscire a smuoverlo, fargli toccare la storia con mano. Il 30 gennaio 1944 era iniziato il viaggio della senatrice verso l’inferno: Auschwitz-Birkenau con il carico di ricordi ancora oggi vividi, dolorosi. “Ci sono tanti modi per venire o non venire qui. Perché si può anche scegliere di non venire. Ci sono migliaia di studenti che da anni visitano questo luogo e le guide sono straordinarie. Hanno imparato a essere guide, a conoscere gli angoli di questo luogo particolare. Forse non bisogna visitarlo né dal punto di vista politico né da quello istituzionale o religioso, ma soltanto per poter dire, io c’ero“, ha spiegato Segre a La Stampa.
Ad ascoltarla e condividere le sue parole anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana e il primo cittadino di Milano Beppe Sala. Presenti anche alcuni membri della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza e i senatori a vita Elena Cattaneo e Mario Monti.
La Russa condanna l’olocausto ma non il fascismo
“Ciò che è avvenuto è senza dubbio il male assoluto“, ha iniziato a spiegare la Russa a proposito dell’Olocausto a La Stampa. “Ringrazio la senatrice per la grande opportunità che ha dato a tutti noi di vivere questo momento, con la passione, col dolore, la considerazione che cerca di spazzare via quell’indifferenza che giustamente lei ha voluto sottolineare nel suo intervento. Un’indifferenza aiutata da chi questo tragico destino voleva riservare a coloro che venivano trasportati nei campi di sterminio e che sapevano che, se l’indifferenza fosse crollata, non sarebbero riusciti nel loro intento” ha concluso.
Le parole, però, stridono con i fatti, e la difficolta di La Russa nel condannare il fascismo passa in primo piano. Non si possono dimenticare le sue azioni durante questi mesi a Palazzo Madama: prima la fuga a Praga per il 25 aprile, annunciando che non avrebbe festeggiato la Liberazione e le parole su Acca Larenzia: “C’è incertezza su come considerare certi gesti in caso di commemorazione di persone defunte“.
Perché non si può scindere il fascismo dall’Olocausto
Il problema è storico. Non si può scindere il fascismo dal nazismo e dall’Olocausto e i fatti ce lo spiegano. La figura di Mussolini e quella di Hitler, alla soglia della seconda guerra mondiale, si sono fuse e hanno trovato un loro epilogo nelle azioni intraprese contro gli Ebrei. Ricordiamo la campagna razzista del fascismo italiano che partì ufficialmente il 15 luglio 1938, quando venne pubblicato il Manifesto della razza e prima ancora la perdita di diritti da parte dei cittadini italiani di origine e/o religione ebraica. Il 13 settembre vengono espulsi dalle scuole gli allievi e gli insegnanti appartenenti alla “razza ebraica”; poi, il 17 novembre venne vietato “il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza”.
Il Regio decreto sulla razza era netto, gli ebrei non potevano “prestare servizio militare in pace e in guerra; esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica; essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della nazione (…) e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né di avere di dette aziende la direzione, né assumervi comunque l’ufficio di amministratore o di sindaco; essere proprietari di terreni che in complesso abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; essere proprietari di fabbricati urbani che in complesso abbiano un imponibile superiore a lire ventimila”. Inoltre “il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengano a religione diversa da quella ebraica”.
Il culmine della violenza alle prime luci dell’alba del 16 ottobre 1943, quando le SS irrompono in vari quartieri di Roma, arrestando e caricando gli abitanti casa per casa sul camion diretto alla caserma di via della Lungara. Da qui gli ebrei venivano smistati nei campi di concentramento della penisola – il più famoso a Triste, la Risiera di San Sabba – per essere uccisi o trasferiti per essere condannati a morte nei Lager in Germania.
L’indifferenza
Le due figure istituzionali, Segre e La Russa, sono distanti tra loro anni luce: l’indifferenza è la parola chiave, ma non la stessa che ritroviamo nelle parole del Presidente del Senato. Tra le righe si legge un’indifferenza alla storia, una mancata ammissione di tutti i colpevoli che nel 1944 hanno massacrato donne, bambini, anziani, persone colpevoli di essere nate. Il presidente del Senato ha regalato una targa che riporta l’articolo 3 della Costituzione, quello in cui si afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini. Per questo la seconda carica dello Stato dovrebbe ripudiare la parte meno nobile della nostra storia.
“Io vorrei spiegare questa parola: indifferenza. Questa è facile. Io l’ho vissuta, la noto” ha detto Segre. E si è fatta notare anche per le parole mancate di La Russa.
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