La discussione sugli emendamenti alla riforma dell’Autonomia differenziata, svoltasi ieri in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, si è fatta incandescente. Espulsioni, falsi rinvii e votazioni doppie in contrasto con le regolamentazioni parlamentari, così nel pomeriggio di ieri il M5S si è visto annullare il voto all’emendamento di Carmela Auriemma, che avrebbe eliminato la parola “Autonomia” dal primo articolo del testo della riforma.
L’emendamento era stato votato lo scorso mercoledì ed aveva ricevuto 10 voti favorevoli e 7 contrari. A bloccare i lavori, però, sarebbe stato il presidente della Commissione Nazario Pagano che, una volta compreso l’esito del voto, avrebbe deciso di non proclamarlo, di fatto non rendendolo ufficiale. Ieri, quindi, la commissione ha espresso la volontà di procedere nuovamente col voto all’emendamento, decisione che ha ovviamente scatenato l’ira delle opposizioni.
Lorenzo Fontana, prima a Bruxelles e poi in volo verso Roma, ha tentato di placare gli animi, mentre giungevano notizie delle furiose liti che si stavano svolgendo in Commissione. Il risultato, però, è stato solo quello di un ulteriore caos che alla fine di tutto si è risolto in un quasi nulla di fatto. Il 29 aprile il testo dell’Autonomia approderà in Aula, dove avranno inizio le discussioni che ne precederanno l’approvazione. Per quanto riguarda tutto il resto, Elly Schlein ha deciso di esporsi e di affermare indignata: “Altro che patrioti, qui siamo al mercato“.
Autonomia, la maggioranza “strappa” con Fontana
Il voto dello scorso mercoledì all’emendamento del M5S non è stato ritenuto valido e ieri pomeriggio è stato ripetuto in Commissione Affari Costituzionali, con l’intento di non rallentare l’iter di approvazione della riforma dell’Autonomia. “Si tratta di una gravissima forzatura, inaccettabile. Siamo di fronte alla dittatura della maggioranza” ha ribattuto Simona Bonafè, capogruppo del Pd in Commissione, spalleggiata da Alfonso Colucci del M5S: “Questo evento segna una profonda frattura nei rapporti tra maggioranza e opposizione“.
Il secondo voto all’emendamento, però, non solo rappresenta uno strappo con le opposizioni ma anche uno “schiaffo” al Presidente della Camera Lorenzo Fontana, assente al momento della votazione. Pd, M5S e Avs avevano infatti chiesto che la decisione della votazione fosse prima sottoposta durante la riunione dei capigruppo alla presenza del Presidente. Tale riunione, però, non si sarebbe potuta svolgere prima delle 21, a causa dell’arrivo di Fontana da Bruxelles e intanto i lavori alla Camera sull’Autonomia differenziata vengono sospesi.
Dall’ufficio del Presidente, però, arriva una nota in cui si legge: “Il Presidente della Camera non può che attenersi alle valutazioni del presidente della Commissione. Non è ipotizzabile un intervento sostitutivo“. Insomma la questione sembra chiusa, se non fosse che nella stessa nota Fontana si rivolge a Nazario Pagano, dicendo: “Nel caso in cui ritenga di revocare una votazione, è necessario assumere la conseguenti determinazioni nell’immediatezza“. Pagano ha quindi “strappato” ed ha deciso di procedere con la seconda votazione.
Le reazioni delle opposizioni
“La maggioranza è sotto schiaffo della Lega. Meloni e Tajani non hanno agibilità de non accettano i diktat di Salvini” ha dichiarato la leader del Pd Elly Schlein, a seguito della decisione di annullare il primo voto sull’emendamento Auriemma. La situazione in Commissione si è fatta sempre più tesa, con tanto di allontanamento del deputato pentastellato Pasqualino Penza, a causa delle sue veementi esternazioni.
Le opposizioni hanno quindi nuovamente chiesto più tempo per discutere gli emendamenti e le criticità della proposta sull’Autonomia differenziata. Fontana ha cercato di mediare, proponendo un allungamento delle tempistiche in Aula, così da permettere più interventi. Anche Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, aveva dichiarato: “La tempistica verrà rispettata, al massimo scivolerà di qualche giorno“.
Una sorta di apertura che aveva fatto gioire i pentastellati e i democratici, che hanno però dovuto ricredersi poco dopo, a causa della chiusura di Lorenzo Fontana. “La data del 29 la sapete da settimane“, ha infatti tuonato il presidente, allontanando l’ipotesi proposta da Ciriani e di fatto confermando che lunedì il testo della riforma dovrà approdare in Aula a tutti i costi.
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