Meloni cerca la serie A in Europa

Il vertice con Scholz e la firma del Patto d’Azione ricollocano l’Italia nel triangolo storico con Parigi e Berlino. La presidente Meloni si allontana definitivamente dalla deriva orbaniana

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È un evento inedito quello che vede insieme Olaf Scholz e Giorgia Meloni collegati da Berlino al G20 da remoto presieduto dal premier indiano Modi. Si spiega per via di una coincidenza, sfuggita agli sherpa che organizzano questi eventi, che ha fissato nello stesso giorno il vertice G20 e il bilaterale Germania-Italia. Al netto dei pasticci con il  calendario, è bene sottolineare che il vertice di Berlino è un evento importante per molte ragioni.

il difforme meloni scholz

Intanto segnala lo sviluppo delle relazioni italo-tedesche, circostanza non del tutto scontata dopo l’esordio diciamo così scoppiettante di Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Troppo facile ricordare oggi il famoso “la pacchia è finita”. Si trattava di smaltire l’ebbrezza tipica di ogni vittoria elettorale, forse più accentuata nel caso di Meloni per la dimensione ragguardevole della vittoria e, particolare non trascurabile, l’esordio di una donna per la prima volta alla guida dell’esecutivo.

 Riposte le bandiere, Meloni si è messa di buzzo buono al lavoro in un quadro di difficoltà davvero notevoli. Accresciute dalla perdurante guerra in Ucraina le cui conseguenze hanno condizionato l’economia europea e tuttora incidono sulle sue prospettive. Per chiunque e non solo per Meloni sarebbe stato impegnativo muoversi in un quadro cosi instabile e mutevole  senza pagare dei prezzi politici. Oltretutto, alla difficoltà oggettive del quadro internazionale Meloni ha dovuto aggiungere le difficoltà di una maggioranza attraversata dalle inquietudini degli alleati minori sempre alla ricerca di visibilità politica e dunque riottosi all’idea di un allineamento silente alla premier.

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

 Ora il Piano d’Azione fra Roma e Berlino (per i meno giovani e coloro, giovani, che amano la storia, parlare del Piano Roma-Berlino lascia affiorare pagine dolorose di storia). Le materie su cui il vertice porterà dei frutti, si vedrà poi quanto importanti, riguardano la difesa, la sicurezza, la transizione energetica e il lavoro. Settori importanti sui quali non ci sono frizioni o contrasti fra i due paesi. A trarre beneficio dal Piano può essere sicuramente la Germania. Come osserva il quotidiano Sueddeutsche Zeitung, con le relazioni con la Francia in difficoltà, per la Germania quelle con l’Italia sono infatti “particolarmente importanti”. Secondo l’autorevole quotidiano “può anche darsi che, alla fine, il Piano d’azione vada oltre il Trattato del Quirinale” stipulato da Italia e Francia nel 2021. L’intesa tra Berlino e Roma si concentra su energia, difesa ed economia, dove vengono concordati diversi progetti. Per esempio, viene prevista la costruzione di una condotta per il trasporto dell’idrogeno dagli impianti di generazione in Africa settentrionale verso la Germania attraverso l’Italia.

L’infrastruttura dovrebbe essere operativa “entro il 2030”. Formati congiunti italo-tedeschi dovrebbero poi promuovere la cooperazione nella difesa, negli armamenti e nell’economia. “Finalmente qualcosa di pratico”, hanno commentato fonti diplomatiche con riferimento al Piano d’azione. Per la “Sueddeutsche Zeitung” è tuttavia importante che i progetti non restino ”impantanati nelle dispute politiche” tra Roma e Berlino. In questo contesto, “preoccupa” che il tema della migrazione venga trattato nell’intesa tra Germania e Italia “in maniera piuttosto concisa”. Le divergenze tra i due Paesi sulla questione potrebbero infatti portare al “fallimento del molto che è stato pianificato in maniera tanto intelligente” nel Piano d’azione. La conclusione del quotidiano è perentoria: vedano Scholz e Meloni di non sciupare l’occasione mettendo sotto i riflettori le divergenze e lasciando magari in ombra i punti d’intesa.

 Non sono inferiori i benefici che dal vertice può trarre Meloni. Il primo e forse il più rilevante riguarda la ricollocazione dell’Italia nel triangolo con Parigi e Berlino che storicamente dà il ritmo all’Unione europea. Dopo i primi mesi passati a rivendicare l’esistenza di una sola Unione in cui tutti sono eguali, Meloni ha infine accettato l’esistenza di un’Europa di serie A e un’altra di serie B. Saggiamente ha scelto di stare nel gruppo di testa in cui l’Italia era stata collocata da Mario Draghi dopo le sbandate fuori controllo del governo Salvini-Di Maio-Conte.

Un solido accordo con Berlino, senza perdere d’occhio il Trattato del Quirinale e l’intesa con la Francia, può regalare all’Italia il ruolo importante di facilitatore fra i Paesi fondatori e avvicinare l’accordo sulla riforma del Patto di Stabilità in una direzione per l’Italia meno sfavorevole. Sarà difficile, per dire, prevedere lo scorporo delle spese per la difesa dal perimetro del debito pubblico, ma rispetto al tutto o niente una diplomazia abile e paziente può trovare margini di intesa. Un consiglio non richiesto alla presidente Meloni: sarà bene evitare di traccheggiare sulla ratifica del Mes e, prima ancora, combattere l’idea che sia una moneta di scambio forzoso con la riforma del Patto di Stabilità. Se così fosse, nessun alleato europeo accetterebbe di pagare il prezzo del l’umiliazione e le cose finirebbero per complicarsi oltre misura.

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