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Il Difforme > Editoriali e commenti > Giorgetti ottimista all’Ecofin, ma pesa l’incognita del Mes
Editoriali e commenti

Giorgetti ottimista all’Ecofin, ma pesa l’incognita del Mes

Emanuela Felle 29 Aprile 2023 14:56
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5 Min di lettura
il difforme giorgetti
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Il ministro, impegnato all’Eurofin di Stoccolma, dispensa ottimismo anche in Ue, affermando che c’è spazio di trattativa sul Patto di stabilità

“È chiaro che se nei prossimi due trimestri continuiamo ad avere risultati su questa linea si allentano le pressioni sui saldi di finanza pubblica, e si creano margini per nuovi interventi in autunno con cui sostenere imprese e famiglie alle prese con l’inflazione”. La proverbiale prudenza del ministro dell’Economia Giorgetti, alla luce della crescita del Pil ratificata dall’Istat, si è trasformata in un cauto ottimismo nell’intervista rilasciata al Sole 24 Ore. Secondo Giorgetti l’economia italiana, e quindi i saldi di finanza pubblica, “sono in condizioni migliori di quel che si pensava in autunno. Quindi non vedo ragioni oggettive per un cambio di opinione al ribasso” da parte delle agenzie di rating. Il ministro, impegnato all’Eurofin di Stoccolma, dispensa ottimismo anche in Ue, affermando che c’è spazio di trattativa sul Patto di stabilità: “La richiesta di un trattamento diversificato per gli investimenti ha una ragione logica inoppugnabile. Se la spesa in conto capitale per la transizione energetica e digitale crea sviluppo, come certifica il Pnrr, e se fra gli obiettivi del Patto di stabilità e crescita c’è appunto anche la crescita, è logico che le regole fiscali europee trattino questi investimenti in modo diverso da quello che si può applicare a voci meno produttive come per esempio il pubblico impiego o le pensioni”.

Un ragionamento inoppugnabile sul quale pesa però l’ombra del Mes, un dossier su cui tutta la Ue aspetta il sì dell’Italia. Qui Giorgetti ha giocato forzatamente in difesa, ricordando che il Parlamento “si è già espresso, e ci ha chiesto di tornare con una proposta complessiva che guardi anche allo sviluppo dell’Unione bancaria e ad altri aspetti fondamentali, come il rafforzamento di un sistema di garanzie europeo per la promozione degli investimenti privati che potrebbe rappresentare un altro potente strumento di sviluppo in grado anche di superare il Mes, perché avrebbe un utilizzo più ampio e svincolato dallo stigma che accompagna il fondo Salva-Stati”.

Ma la realtà dice che i margini per riformare la riforma non ci sono, dopo che anche Germania e Croazia l’hanno ratificata, e restare col cerino in mano non è conveniente se si vuole rafforzare la nostra posizione negoziale sul nuovo Patto di stabilità e sulla flessibilità del Pnrr. Un ulteriore rinvio rischia dunque di essere autolesionista.
Lo stato dell’arte è questo: con la creazione dell’Unione bancaria l’Ue si è dotata di un fondo di circa cinque miliardi che può intervenire in caso di crisi bancarie, e nel caso in cui queste risorse non fossero sufficienti, l’idea è di dotare il Mes di un’altra fonte di finanziamento per affiancare il fondo di risoluzione bancaria. Ratificare la riforma del Mes non significa utilizzarlo, ma non ratificarla significherebbe privare gli altri Stati di uno strumento ritenuto fondamentale dall’Europa, ma il rischio maggiore è quello di rimanere penalizzati soprattutto noi: il Mes infatti usa finanziamenti comuni, quindi nel caso in cui non ci fosse una ratifica, in caso di crisi gli Stati dovrebbero mettere sul piatto soldi nazionali, e noi, con l’alto debito pubblico che abbiamo, avremmo possibilità di intervento molto limitate rispetto agli altri. Con il Mes, inoltre, si potrebbe risparmiare in spesa per interessi, perché il debito europeo (ovvero quello del Mes) costa molto meno del debito italiano, e la scelta di non attivarlo rischia dunque di passare come un’impuntatura ideologica. Concludendo: non esiste alcun plausibile motivo per essere rimasti l’unico Paese Ue a non ratificare la modifica del Trattato sul Mes, dopo che l’Italia ha già approvato le modifiche in sede europea e ben due premier – Conte e Draghi – hanno confermato l’impegno alla ratifica senza però avere la forza (o il coraggio) di farla approvare in Parlamento. Ratificare non significa richiedere, e se la melina in atto nascondesse la volontà di alzare il prezzo sul negoziato di altri dossier, sarebbe una scelta miope e controproducente.

© Riproduzione riservata

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