L’Eurofollia anti-italiana sulle case green

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Ok gli obiettivi di decarbonizzazione del pacchetto Fit For 55, ma è del tutto assente la doverosa attenzione nei confronti del contesto italiano, molto diverso da quello di altri Paesi europei per ragioni storiche e di conformazione geografica, oltre che per la radicata visione della casa come bene rifugio

La direttiva sulle Case Green approvata mercoledì dal Parlamento europeo è palesemente irrealistica perché dettata da una visione eco-talebana dell’ambientalismo. Nessuno mette in discussione gli obiettivi di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio fissati dal pacchetto Fit For 55 della Commissione: è del tutto assente, però, la doverosa attenzione nei confronti del contesto italiano, molto diverso da quello di altri Paesi europei per ragioni storiche e di conformazione geografica, oltre che per la radicata visione della casa come “bene rifugio” da parte delle famiglie italiane. Non solo: gli immobili in Italia in classe G, o comunque quelli che dovrebbero fare un doppio salto di classe energetica, sono circa 3,5 milioni, il che significa che bisognerebbe investire un capitale dieci volte superiore rispetto a quello attuale. Una follia.

Come combattere la crisi climatica

La realtà è che arrivare a un’efficienza energetica totale è sicuramente fondamentale per combattere la crisi energetica e il cambiamento climatico, ma serve una valutazione di percorso pragmatica per capire quanto questi obiettivi siano fattibili entro il 2030 e il 2033, come prevede la direttiva Ue. Per l’Italia soddisfare gli standard comunitari nei tempi previsti sarebbe un’impresa impossibile, considerando che si dovrebbe intervenire su ben due terzi degli edifici residenziali. 

La mozione del centrodestra

Un argine a questa deriva lo ha posto il centrodestra, che alla Camera ha approvato una settimana fa la mozione che impegna il governo “ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee al fine di scongiurare l’introduzione della disciplina sulle case green nell’ottica di tutelare le peculiarità dell’Italia e garantire al nostro Paese la necessaria flessibilità per raggiungere obiettivi di risparmio energetico più confacenti alle proprie caratteristiche”. Posizione che la maggioranza ha tenuto salda anche nel voto di Strasburgo, mentre Pd e Cinque Stelle si sono schierati contro gli interessi italiani per seguire le sirene panambientaliste.

La vera battaglia comunque inizia ora, perché il dossier passa al Consiglio europeo dove i governi nazionali avranno voce in capitolo e quello italiano, forte del mandato del Parlamento, difenderà fino in fondo i diritti dei proprietari di case. L’entrata in vigore della direttiva dunque non è affatto scontata, e a testimoniarlo c’è il recentissimo precedente dello stop alle auto a benzina e diesel dal 2035: il testo, dopo due i due via libera arrivati dall’Eurocamera necessitava della ratifica dei 27 prima dell’entrata in vigore  (che sembrava scontata) ma il formarsi di una minoranza di blocco ha fermato l’iter, grazie all’impegno del nostro governo.

Gli obiettivi della riforma

L’obiettivo sulle case green è chiaro: ottenere più flessibilità sulla transizione ecologica e non trasformare il risparmio energetico in una mannaia per milioni di italiani attraverso un attacco irresponsabile all’economia e al nostro patrimonio edilizio. Senza uno stop, o almeno una drastica revisione di standard e tempistiche, si prefigura infatti una tensione senza precedenti sul mercato delle ristrutturazioni, con una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie. Non sarebbero infatti in regola con le nuove norme, secondo i dati dell’Associazione costruttori, oltre 9 milioni di edifici su 12. Un dato non sorprendente, visto che il 74% degli immobili in Italia è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. La direttiva europea sulla prestazione energetica nell’edilizia, in un contesto del genere, è dunque un’autentica fuga in avanti, oltre che un salto nel buio, perché ristrutturare entro il 2033 tutti gli edifici nelle classi E, F, G degli immobili residenziali in Italia è semplicemente un’ipotesi dell’ irrealtà. Se non intervenissero modifiche, ci sarebbe un inevitabile deprezzamento degli immobili ritenuti inquinanti, con un danno irreparabile per tante famiglie la cui unica fonte di reddito è proprio la casa. Secondo l’Ance, gli obiettivi comunitari sono per noi irraggiungibili: le stime infatti prevedono un tempo di 630 anni per raggiungere solo il primo step, visto che undici milioni di abitazioni, cioè il 74%, sono in classe energetica inferiore alla D. Quella comunitaria, insomma, è un’utopia che va fermata riportando tutti con i piedi per terra. Con l’auspicio che il prossimo Parlamento europeo possa contare su una maggioranza fra Popolari e Conservatori che spinga la sinistra a riflettere sulle sue dannose derive ideologiche.

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