Israele, l’Idf annuncia una pausa tattica: “Tutti i giorni dalle 8 alle 19 solo nel Sud di Gaza”

Un lasso temporale che dovrebbe permettere agli aiuti umanitari di entrare nel Paese e raggiungere le tendopoli di sfollati, che soffrono la fame, la sete e le malattie

Redazione
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Una pausa tatticaper scopi umanitari avrà luogo tutti i giorni dalle 8 alle 19 fino a nuovo avviso lungo la strada che porta dal valico di Kerem Shalom a Salah al-Din Road e poi verso nord“, questo l’annuncio rilasciato da Israele all’alba di oggi. Non si può parlare di tregua, questa sembra ancora lontana nei territori della Palestina, ma si può comunque tirare un respiro di sollievo.

Dopo otto mesi di guerra, in cui i morti sono aumentati sotto gli occhi del mondo intero senza che nessuno decidesse di intervenire, Israele ha preso una decisione. Fino a data da destinarsi, ogni giorno dalle 8 alle 19, nel territorio a sud di Gaza i bombardamenti e le offensive saranno sospesi. L’obiettivo, come mostrano le parole dell’Idf è quello di permettere agli aiuti umanitari di entrare nel Paese. Gli stessi aiuti che dallo scorso ottobre continuano a diminuire. I pochi camion carichi di risorse spesso devono fermarsi al confine, perché impossibilitati ad entrare nei territori martoriati dal conflitto.

Intanto, la popolazione palestinese muore di stenti, oltre che per le bombe e le offensive, e gli aiuti umanitari previsti non potranno in alcun modo cambiare la situazione. La decisione della pausa tattica è giunta poche ore dopo l’annuncio della morte di altri due soldati israeliani, deceduti in combattimento a Nord della Striscia di Gaza. I due militari si aggiungono agli altri otto deceduto nella città d Rafah, facendo salire a dieci morti il bilancio dei soldati uccisi in territorio palestinese nelle ultime ore.

La pausa tattica di Israele non basterà

La decisione delle Idf sembrerebbe rispondere agli allarmismi dell’Onu e delle altre organizzazioni umanitarie che più volte hanno sottolineato come gli aiuti umanitari siano incredibilmente complessi da trasportare in territorio palestinese. Spesso, infatti, i camion carichi di beni di prima necessità non riescono a superare il confine e vengono quindi sperperati, mentre migliaia di bambini quotidianamente muoiono, privati di cibo e acqua.

La situazione di giorno in giorno peggiora, tra tendopoli e situazioni sanitarie al limite della catastrofe, e in controtendenza gli aiuti diminuiscono sempre di più. Mentre la situazione in Palestina diventa ogni giorno più grave, l’Occidente di ora in ora si desensibilizza e gli aiuti diminuiscono. Le Nazioni Unite hanno sottolineato che dal 6 maggio al 6 giugno hanno ricevuto in media 68 camion di aiuti al giorno. Un numero che potrebbe sembrare impressionante ma che in realtà assume tutto un altro aspetto se paragonato ai 500 camion di aiuti al giorno che i gruppi umanitari ritengono necessari.

Matthew Hollingworth, direttore per i Territori palestinesi del Programma alimentare mondiale, ha dichiarato che “da quando  i camion degli aiuti hanno iniziato a entrare a Gaza dall’Egitto attraverso Kerem Shalom, è arrivato un rivolo di aiuti. Ma questo deve trasformarsi in un fiume di aiuti se vogliamo evitare che le forme più acute di fame aumentino“.

I passi indietro per il cessate i fuoco

Alla fine del mese di maggio, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva presentato un piano in tre fasi per l’ottenimento del cessate il fuoco a Gaza. Un risoluzione che aveva fatto ben sperare e che in realtà si è trasformata in un ulteriore motivo di discussione per Israele e Hamas. Entrambe le fazioni, inizialmente, avevano mostrato il loro favore nei confronti della risoluzione. In poco tempo, però, è diventato chiaro che i dettami della proposta americana non andavano bene né all’uno né all’altro e per motivi simili e allo stesso tempo diversi. Israele e Hamas non hanno intenzione di abbandonare i loro obiettivi, né vogliono piegare la testa di fronte all’altro.

Israele ha quindi dichiarato di essere pronta ad accettare la risoluzione, con la specifica della necessità di eliminare del tutto il gruppo terroristico di Hamas. Senza questa vittoria non sarà possibile porre fine al conflitto. Hamas, invece, ha accettato la proposta presentando però a sua volta delle modifiche: “no” al cessate il fuoco di sei settimane, che dovrà trasformarsi in una tregua permanente e la richiesta dell’abbandono dei territori palestinesi da parte di tutte le truppe israeliane.

Israele, ovviamente, ha dichiarato inaccettabili le richieste di Hamas ed ha sostanzialmente ritenuto un rifiuto la nuova proposta dell’organizzazione terroristica palestinese. Il muro contro muro non sembra volersi fermare e quindi per ora la possibilità di una fine del conflitto sembra purtroppo ancora molto lontana.

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