Cinque donne l’una accanto all’altra e lo slogan: “A novembre te la diamo gratis”. No, il motto della pubblicità non è stato scritto da una scimmia al computer che premeva tasti e non ha gli strumenti per comprendere il periodo storico in cui viviamo e il clima particolarmente teso in cui sono inserite le donne, bensì è proprio lo slogan di una recente campagna promozionale realizzata dalla Fit-Express, una catena di palestre presenti in Italia. Il motto ha lo scopo di far sapere che l’iscrizione nel mese di novembre è gratis; invece, è solo servita ad accendere una grande polemica a Lucca, città dove l’annuncio ha attirato l’attenzione.
Il marketing: “E’ una goliardata” ma non fa ridere
A correre ai ripari, o almeno a provarci, è intervenuto Angelo Briziarelli, parte del gruppo di marketing della Fit-Express: “È stata una vera e propria goliardata. Certo nasce come provocazione, ma non è possibile che venga letta come un’offesa alle donne, che coprono oltretutto il 60% della nostra clientela“.
“Non la riteniamo né offensiva, né denigratoria“, ed è stata “non solo apprezzata dai follower, su migliaia di persone che hanno potuto guardare lo spot, solo una ventina sono stati gli haters che hanno fatto polemica, come fanno su tutto. Tutte le donne con cui abbiamo parlato si sono fatte una risata (quello era di fatto il nostro intento) e qualcuna ha anche detto che è stata una genialata” ha concluso Briziarelli.
Queste parole non fanno altro che aggravare il tutto. Più che spiegazioni sembrano ammissioni di colpa. La colpa di non capire che non è una “goliardata”, che non c’entra nulla la percentuale delle donne che va in palestra, che 20 commenti negativi non contano visto che sono pochi e soprattutto che venga considerata da uno del team degli autori una genialata.
Chissà quante donne c’erano al tavolo per discutere lo slogan e chissà a quante effettivamente ha fatto ridere questo doppio senso da due soldi, condito da allusioni maschiliste e provocazioni gratuite. Prima è un cartellone, poi un apprezzamento verbale non gradito e poi molestie se non peggio. Non è un’esagerazione, è quello che succede a lasciar passare qualsiasi messaggio “goliardico” come se una battuta, un modo di porsi verso l’altro, non sia l’anticamera per legittimare un movente.
La pubblicità di uliveto
Sembra una vera e propria esagerazione ma non lo è. Parliamo del caso della pubblicità di uliveto che qualche mese fa ha scatenato una polemica similare e ha catapultato la donna dal 2023 al 1950. Ecco la scena: una moglie con capelli cotonati, colonna di perle e grembiulino, il marito che torna a casa dopo una dura giornata di lavoro e che le chiede: “Che hai preparato per cena?”. Nulla di che, il classico stereotipo noioso che qualche innovatore delle pubblicità ripropone ogni tanto sullo schermo della serie “donna schiava, zitta e lava”. Andiamo avanti. Lui chiede ovviamente chi paga (non lei è una casalinga) e poi la pubblicità prosegue con il core vero e proprio: i coupon della spesa.
Il vero problema: i commenti degli utenti
Accantoniamo per un attimo tutte le normali indignazioni che ha suscitato sui social la pubblicità, e il discorso trito e ritrito dell’emancipazione della donna, del rispetto, del ruolo. È necessario spostarci un poco sotto, nella barra dei commenti della pubblicità per capire il vero problema. Sono quelli che fanno riflette e che smentiscono la tesi di coloro che affermavo “sempre il femminismo mettete in mezzo, siete esagerate”.
Nella maggior parte di questi commenti, i problemi sono molteplici.
“Io e i bro comprando Uliveto per far infuriare la tipa obesa coi capelli viola”, “A voi “fEmMinNiNiStE” vi auguro di trovare una bella carriera proprio come sognate così non avrete tempo di scassare le palle coi vostri turgidi “critique” di una semplice pubblicità. Magari vi guadagnerete tanta bella moneta per comprare tante bottiglie d’Uliveto 😘”, “LA RAGAZZE NEL VIDEO è STRAFIGA COME SI CHIAMA?”, “non vedo il motivo della polemica”.
Ecco qual è il problema, forse siamo proprio noi.